Con una scoperta sorprendente, scienziati dello Scripps Research Institute (TSRI) confermano che una proteina con una propensione a formare aggregati dannosi nel corpo quando è prodotta nel fegato, protegge dagli aggregati dell'Alzheimer quando è prodotta nel cervello.
I risultati suggeriscono che dei farmaci che possono aumentare la produzione della proteina specificamente nei neuroni potrebbero un giorno aiutare a scongiurare l'Alzheimer.
"Questo risultato non era proprio previsto quando abbiamo iniziato questa ricerca", ha detto il professore Joel N. Buxbaum, MD, del TSRI. "Ma ora ci rendiamo conto che potrebbe indicare un nuovo approccio per la prevenzione e la terapia dell'Alzheimer". Buxbaum ed i membri del suo laboratorio hanno pubblicato questo studio nel numero del 21 maggio 2014 del Journal of Neuroscience.
Primi accenni
Lo studio si è incentrato sulla transtiretina (TTR), una proteina vettore, che trasporta l'ormone tiroideo tiroxina e la vitamina A attraverso il flusso sanguigno e nel liquido cerebrospinale. Per fare questo lavoro, deve essere composta da una struttura a quattro subunità chiamata tetramero.
Alcuni fattori come l'età avanzata e le mutazioni del gene TTR possono rendere questi tetrameri inclini a cadere a pezzi e a piegarsi erroneamente in aggregati duri chiamati amiloidi. Gli amiloidi TTR si accumulano nel cuore, nei reni, nei nervi periferici e in altri tessuti e causano malattie che accorciano la vita, comprese l'amiloide familiare polineuropatia e l'amiloidosi (cardiaca) senile sistemica.
A partire dalla metà degli anni 1990, tuttavia, i rapporti di diversi laboratori hanno suggerito che la TTR nel cervello potrebbe proteggere da altri amiloidi, in particolare dalla proteina amiloide-beta associata all'Alzheimer. Negli esperimenti in provetta, la TTR sembra in grado di prendere il controllo dell'amiloide-beta e di evitare che si aggreghi. Nei «topi di Alzheimer» transgenici, che sovra-producono l'amiloide-beta, l'espressione di TTR è maggiore nel tessuto cerebrale colpito, rispetto ai topi di controllo, come ci si aspetterebbe da una risposta protettiva.
"Non credevo davvero a tali rapporti in quel momento", ha detto Buxbaum. Ma egli stava lavorando alle amiloidosi TTR e aveva gli strumenti necessari per indagare geneticamente sul problema. Lui ed i suoi colleghi del TSRI hanno fatto questi esperimenti, e hanno scoperto, con sorpresa, che la sovrapproduzione di TTR nei «topi di Alzheimer» protegge realmente gli animali: riduce il loro deficit di memoria, nonché gli accumuli di amiloide-beta aggregati nel loro cervello.
Da quello studio del 2008, Buxbaum e colleghi hanno continuato a pubblicare ulteriori esperimenti che esaminavano il meccanismo di protezione, compresi due dello scorso anno, in collaborazione con i laboratori di Wright e Kelly al TSRI e di Roberta Cascella a Firenze, che mostravano come i tetrameri TTR possono legarsi all'amiloide-beta e impedire che quest'ultima formi tipi più dannosi di aggregato.
Il contesto è tutto
In questo ultimo studio, Buxbaum e il suo team, compresi i primi autori Xin Wang e Francesca Cattaneo, all'epoca entrambi borsisti post-dottorato nel laboratorio di Buxbaum, hanno trovato un altro pezzo fondamentale di prova del ruolo protettivo della TTR.
La TTR è nota per essere prodotta principalmente nel fegato e nelle parti del cervello in cui è prodotto il fluido cerebrospinale. Precedenti studi del gruppo di Buxbaum avevano trovato la prova che la TTR può essere prodotta anche nei neuroni, anche se a livelli bassi. Non era però chiaro come aumentava la produzione di TTR, nei neuroni o in altre cellule, in risposta all'accumulo di amiloide-beta. [...] "Sta diventando sempre più evidente in biologia che la stessa molecola può fare cose molto diverse in contesti diversi", ha detto Buxbaum.
Per sottolineare la rilevanza per l'Alzheimer, il suo team ha esaminato i neuroni della regione cerebrale dell'ippocampo nei topi di laboratorio ordinari e in quelli di Alzheimer che sovrapproducono amiloide-beta. Di nuovo, coerentemente con il concetto di TTR come protettivo nei neuroni, hanno trovato che la frequenza delle legature del «Heat Shock Factor 1» (HSF1) al promotore del gene TTR, e il numero di trascritti TTR genici risultanti, erano entrambi raddoppiati nei topi di Alzheimer rispetto ai topi di laboratorio ordinari.
Buxbaum ed i suoi colleghi hanno intenzione di fare ulteriori ricerche su questa risposta allo stress mediata dalla TTR, evidente nei neuroni, per stabilire, tra le altre cose, proprio come viene attivata dall'amiloide-beta associata all'Alzheimer. Ma hanno già cominciato a pensare a sviluppare un piccolo complesso molecolare, adatto per la consegna in una pillola, che aumenti anche modestamente l'attività dell'HSF1 e/o la produzione di TTR nei neuroni, e che quindi possa prevenire o ritardare la demenza di Alzheimer.
Altri partecipanti allo studio sono stati Lisa Ryno, John Hulleman e Natalia Reixach, tutti al TSRI al momento dello studio, finanziato in parte dal National Institutes of Health.
Fonte: Scripps Research Institute (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: X. Wang, F. Cattaneo, L. Ryno, J. Hulleman, N. Reixach, J. N. Buxbaum. The Systemic Amyloid Precursor Transthyretin (TTR) Behaves as a Neuronal Stress Protein Regulated by HSF1 in SH-SY5Y Human Neuroblastoma Cells and APP23 Alzheimer's Disease Model Mice. Journal of Neuroscience, 2014; 34 (21): 7253 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.4936-13.2014
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