Ricercatori del Brigham and Women Hospital (BWH), della Harvard Medical School (HMS), del Broad Institute del MIT, del Massachusetts General Hospital (MGH) di Harvard, e dell'Università di Chicago, riferiscono delle scoperte che dimostrano come le varianti genetiche negli individui sani e giovani possono influenzare la funzione delle cellule immunitarie.
Molte di queste varianti sono anche fattori di rischio genetici per malattie comuni, come l'Alzheimer, il diabete e la sclerosi multipla più avanti nella vita, offrendo una nuova visione sulla patologia delle malattie. Lo studio è stato pubblicato il 2 Maggio 2014 su Science.
"Negli ultimi dieci anni i genetisti hanno identificato centinaia di fattori di rischio genetici per le diverse malattie umane, ma sono in gran parte sconosciute le conseguenze funzionali di tali fattori su importanti cellule" ha detto Towfique Raj, PhD, del Dipartimento di Neurologia del BWH, studioso post-dottorato del Broad Institute, e autore principale dello studio. "Il nostro studio evidenzia il ruolo potenziale delle cellule del sistema immunitario nelle malattie umane". Lo studio è stato condotto nell'ambito del ImmVar Project, che si basa sul PhenoGenetic Project del BWH, una «biobanca vivente» di volontari sani disposti a contribuire con campioni di sangue per capire come le varianti genetiche umane influenzano il funzionamento del corpo umano.
I ricercatori hanno reclutato un sottoinsieme di 461 volontari del PhenoGenetic Project, di ascendenza afro-americana, Asia Orientale-americana, o euro-americana. Sono stati purificati due diversi tipi di cellule-T immunitarie e di monociti del sangue di ogni individuo, che rappresentavano i rami adattivo e innato dell'immunità, rispettivamente. I ricercatori hanno profilato queste cellule per misurare l'espressione di 19.114 geni in ogni tipo di cellula. Hanno quindi esaminato le varianti genetiche nel genoma umano per i loro effetti sull'espressione genica di queste due popolazioni rappresentative di cellule immunitarie.
Hanno scoperto che la variazione genetica che influenza il rischio di una persona di sclerosi multipla, di artrite reumatoide e di diabete di tipo 1 ha più probabilità di controllare l'attività dei geni nelle cellule-T che dei monociti. Al contrario, la variazione genetica che aumenta il rischio di malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer e il Parkinson, mostra un arricchimento notevole di effetti funzionali nei monociti. "Questo studio dimostra che il nostro genoma introduce cambiamenti nel sistema immunitario nella fase iniziale", ha detto Christophe Benoist, MD, PhD, HMS, membro associato del Broad Institute, e autore dello studio. "Questi cambiamenti influenzano il modo in cui una persona risponde ad ulteriori fattori di rischio che può incontrare nel corso della vita, rendendoli più o meno suscettibili ad innescare un processo patologico come il diabete di tipo 1 o giovanile".
"Lo studio concentra la nostra attenzione su una particolare parte del sistema immunitario che mostra già i cambiamenti causati dai fattori di rischio dell'Alzheimer nelle persone tra i 20 ed i 40 anni", ha dichiarato Philip L. De Jager, MD, PhD, direttore del Programma di Genomica Traslazionale Neuropsichiatrica del BWH, membro associato del Broad Institute, e autore senior dello studio. "Non possiamo dire che funzionalmente le cellule immunitarie derivate dal sangue sono il tipo di cellule chiave dell'Alzheimer. Esse sono suscettibili di rappresentare le cellule infiltranti e residenti che si trovano nei siti della neuropatologia. Tuttavia, queste intuizioni interessanti ci incoraggiano ad esplorare come la manipolazione di questi tipi di cellule immunitarie potrebbe un giorno rallentare o contribuire a fermare l'accumulo di patologia dell'Alzheimer che insorge quando ognuno di noi invecchia".
Includendo volontari di diverse ascendenze genetiche, i ricercatori hanno anche scoperto che la variazione genetica che altera la funzione immunitaria è altamente condivisa tra le popolazioni umane di diversa ascendenza. "La nostra esplorazione multi-etnica dell'immunità innata e adattativa evidenzia un notevole livello di condivisione tra le popolazioni umane della variazione genetica che influenza la funzione immunitaria, individuando interessanti casi di effetti genetici sulla funzione immunitaria che sono specifici di una popolazione", ha detto Nir Hacohen, PhD, del MGH e del Broad Institute, e autore dello studio.
"Questo studio estende la narrazione che molti degli effetti della variazione genetica correlata alla malattia sono specifici di un certo contesto, come ad esempio un determinato tipo di cellule immunitarie", ha detto Barbara Stranger, PhD, della University of Chicago, autore senior dello studio. "Quindi è chiaro che ulteriori studi devono studiare una matrice sempre più complessa di tipi e condizioni di cellule per capire appieno il ruolo della variazione genetica umana nelle malattie".
Questa ricerca è stata supportata dal National Institutes of General Medical Sciences e dal National Institutes of Health.
Fonte: Brigham and Women's Hospital (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: T. Raj, K. Rothamel, S. Mostafavi, C. Ye, M. N. Lee, J. M. Replogle, T. Feng, M. Lee, N. Asinovski, I. Frohlich, S. Imboywa, A. Von Korff, Y. Okada, N. A. Patsopoulos, S. Davis, C. McCabe, H.-i. Paik, G. P. Srivastava, S. Raychaudhuri, D. A. Hafler, D. Koller, A. Regev, N. Hacohen, D. Mathis, C. Benoist, B. E. Stranger, P. L. De Jager. Polarization of the Effects of Autoimmune and Neurodegenerative Risk Alleles in Leukocytes. Science, 2014; 344 (6183): 519 DOI: 10.1126/science.1249547
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