Un gruppo multidisciplinare di scienziati del «Sanders-Brown Center on Aging» dell'Università del Kentucky ha identificato un interessante legame tra la salute del tessuto cerebrale che sostiene le funzioni cognitive e la presenza di demenza, in adulti con sindrome di Down.
Lo studio pubblicato in Neurobiology of Aging si è concentrato sulla rilevazione delle variazioni delle connessioni della sostanza bianca del cervello, e permette potenzialmente di identificare i marcatori legati allo sviluppo della demenza, compreso l'Alzheimer.
Elizabeth Head, PhD, autore senior dello studio, spiega: "Abbiamo usato la risonanza magnetica per confrontare la salute della sostanza bianca del cervello e con quanta forza si collega alle sue diverse parti. I risultati indicano una progressione convincente del deterioramento nell'integrità della sostanza bianca nel cervello dei partecipanti allo studio, commisurata alla loro salute cognitiva".
David Powell, PhD, membro del team di ricerca, ha confrontato le scansioni cerebrali di tre gruppi di volontari: persone con sindrome di Down ma senza demenza, persone con sindrome di Down e demenza, e un gruppo di controllo sano. Le scansioni MRI cerebrali dei soggetti con sindrome di Down hanno mostrato qualche compromissione nei tessuti del lobo frontale del cervello rispetto a quelli del gruppo di controllo. Quando le persone con sindrome di Down e demenza sono state confrontate con le persone con sindrome di Down senza demenza, quelle stesse connessioni della materia bianca erano ancora meno sane.
Forse l'aspetto più interessante dello studio è la correlazione tra le capacità cognitive dei partecipanti con sindrome di Down e l'integrità della loro sostanza bianca; coloro che avevano un maggiore coordinamento delle capacità motorie e una migliore capacità di apprendimento e di memoria avevano connessioni sane nella sostanza bianca frontale. Le persone con sindrome di Down hanno un rischio altissimo di sviluppare l'Alzheimer dopo i 40 anni.
Il team spera che questo lavoro possa portare ad identificare dei biomarcatori dello sviluppo dell'Alzheimer nelle persone con sindrome di Down e, potenzialmente, estenderlo alla popolazione generale. La Head avverte che tali risultati sono in qualche misura esplorativi a causa della piccola coorte di 30 partecipanti. Ma, dice, "se fossimo in grado di identificare le persone che, sulla base di biomarcatori, hanno un rischio maggiore di sviluppare l'Alzheimer, potremmo intervenire in un punto più precoce e ritardare la progressione della malattia".
Fonte: University of Kentucky (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: David Powell, Allison Caban-Holt, Gregory Jicha, William Robertson, Roberta Davis, Brian T. Gold, Frederick A. Schmitt, Elizabeth Head. Frontal white matter integrity in adults with Down syndrome with and without dementia. Neurobiology of Aging, 2014; 35 (7): 1562 DOI: 10.1016/j.neurobiolaging.2014.01.137
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