E' noto da tempo che la luce esercita effetti potenti sul cervello e sul nostro benessere. La luce non è necessaria solo per vedere, ma è anche essenziale per una vasta gamma di funzioni «non visive», compresa la sincronizzazione del nostro orologio biologico sul ciclo di 24h giorno-notte.
La luce trasmette anche un segnale forte stimolante per la vigilanza e la cognizione umana ed è usato regolarmente per migliorare le prestazioni e contrastare l'impatto negativo della sonnolenza o della «depressione invernale».
I meccanismi alla base di questi effetti positivi della luce rimangono ancora in gran parte sconosciuti. Tuttavia, più o meno nell'ultimo decennio i ricercatori hanno scoperto un nuovo tipo di cellule sensibili alla luce (fotorecettori) nell'occhio, chiamato melanopsina. Questo nuovo fotorecettore ha dimostrato di essere un componente essenziale per trasmettere le informazioni sulla luce ad un insieme di cosiddetti centri non-visivi del cervello.
La ricerca sugli animali ha dimostrato che, in assenza di tali fotorecettori, le funzioni non-visive sono interrotte, l'orologio biologico viene deregolamentato e «gira-liberamente", indipendentemente dal ciclo giorno-notte di 24 ore, e l'effetto stimolante della luce è compromesso. Il fotopigmento melanopsina è inusuale per molti aspetti e differisce dai nostri coni e bastoncelli, poiché dimostra proprietà simili a quelle degli invertebrati ed è sensibile massicciamente alla luce blu.
Negli esseri umani, non è stato possibile applicare strumenti genetici per isolare selettivamente il ruolo preciso di questo nuovo sistema fotorecettivo e di conseguenza non è stato stabilito il ruolo della melanopsina nella cognizione umana e nella prontezza. Tuttavia, i ricercatori del Cyclotron Research Centre dell'Università di Liegi (Belgio) e del Dipartimento di Cronobiologia dell'INSERM Stem Cell and Brain Research Institute (Bron, Francia) hanno appena fornito prove che dimostrano il coinvolgimento della melanopsina nell'impatto che ha la luce sulla funzione cognitiva del cervello.
Sfruttando le specifiche risposte tipo-invertebrati della melanopsina, combinate con strategie di registrazione della risonanza magnetica funzionale (fMRI), sono riusciti a dimostrare che l'impatto della luce sulle aree cerebrali, reclutate per un compito cognitivo continuo, dipende dal colore specifico delle esposizioni luminose precedenti. L'esposizione di 1 ora prima alla luce arancione ha migliorato il successivo impatto della luce di test, mentre l'esposizione precedente alla luce blu ha avuto il risultato opposto.
Il fenomeno dei precedenti effetti di luce su una successiva risposta alla luce è tipico della melanopsina, nonché di alcuni fotopigmenti di invertebrati e piante, ed è stato definito «memoria fotica». Gli esseri umani possono quindi avere un macchinario di tipo-invertebrato o piante all'interno degli occhi che partecipa alla regolazione della cognizione. Questo può anche spiegare quello che i cronobiologi umani descrivono «effetti della storia di luce precedente», una forma di adattamento a lungo termine alle condizioni di illuminazione precedenti.
Questi risultati sottolineano l'importanza della luce per le funzioni cerebrali cognitive umane e costituiscono una prova convincente a favore di un ruolo cognitivo della melanopsina. Più in generale, la variazione continua della luce durante il giorno ci modifica. In definitiva, questi risultati sono a favore dell'uso e della progettazione di sistemi di illuminazione per ottimizzare le prestazioni cognitive.
Fonte: University of Liège (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Sarah Laxhmi Chellappa, Julien Q. M. Ly, Christelle Meyer, Evelyne Balteau, Christian Degueldre, André Luxen, Christophe Phillips, Howard M. Cooper, and Gilles Vandewalle. Photic memory for executive brain responses. PNAS, March 10, 2014 DOI: 10.1073/pnas.1320005111
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