Le donne che sviluppano sintomi di Alzheimer in genere sperimentano una velocità maggiore di declino del loro funzionamento mentale rispetto agli uomini nella stessa fase della malattia, secondo una recente analisi.
I ricercatori dell'Università di Hertfordshire hanno esaminato quindici studi condotti su pazienti di Alzheimer di entrambi i sessi e hanno scoperto che gli uomini con la malattia superano regolarmente le donne nei test che misurano la memoria degli anziani e la capacità di svolgere compiti verbali e visuo-spaziali (cioè stimare distanza e profondità).
Precedenti ricerche hanno dimostrato che le donne hanno più probabilità di ricevere una diagnosi di Alzheimer rispetto agli uomini, ma finora erano poche e contrastanti le indagine sui modi divresi in cui la malattia colpisce il cervello dei due sessi.
Lo studio mirava a ottenere un quadro più chiaro delle differenze legate al sesso nell'Alzheimer e le potenziali cause di queste disparità.
- Gli ormoni scatenano il caos: studi hanno dimostrato che gli estrogeni possono agire come da scudo contro l'Alzheimer nelle donne. Quindi, la perdita di estrogeni che accompagna la menopausa potrebbe avere un ruolo nel rendere le donne più suscettibili al declino funzionale.
- Gli uomini possono avere riserve più solide: la riserva cognitiva è emersa come tampone provato contro i sintomi dell'Alzheimer e altre forme di demenza. In genere, gli uomini possono avere più di esposizione alle attività che costruiscono tale riserva (istruzione superiore, esperienze uniche, una carriera professionale stimolante) rispetto alle donne.
- Potrebbe essere nei geni: Il fattore di rischio genetico primario per l'Alzheimer, il genotipo APOE, ha dimostrato di avere un effetto più dannoso sul funzionamento cognitivo delle donne rispetto agli uomini.
Fonte: University of Hertforshire
Riferimento: Karen Irvine, Keith R. Laws, Tim M. Gale & Tejinder K. Kondel. Greater cognitive deterioration in women than men with Alzheimer's disease: A meta analysis. Journal of Clinical and Experimental Neuropsychology,Volume 34, Issue 9, 2012, DOI: 10.1080/13803395.2012.712676
Pubblicato in Care2.com(> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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