Per anni, i ricercatori di Alzheimer si sono concentrati su due proteine che si accumulano nel cervello di persone con la malattia e che ad essa potrebbero contribuire: le placche composte di proteina amiloide-beta e i grovigli di un'altra proteina, chiamata tau.
Ma per la prima volta, un ricercatore ha esaminato da vicino non le due proteine singolarmente, ma l'interazione tra loro due, nel tessuto cerebrale di pazienti di Alzheimer post-mortem e nel cervello dei topi con il morbo. La ricerca ha scoperto che l'interazione tra le due proteine può essere la chiave: quando queste interazioni aumentano, la progressione dell'Alzheimer peggiora.
La ricerca, guidata da Hemachandra Reddy, Ph.D., ricercatore associato del National Primate Research Center dell'Oregon della Oregon Health & Science University, è riportata in dettaglio nel numero di Giugno 2013 del Journal of Alzheimer. Il documento di Reddy suggerisce che, quando l'interazione tra la tau fosforilata e l'amiloide-beta (in particolare nella sua forma tossica) si verifica nelle sinapsi cerebrali, questa può danneggiare tali sinapsi. E portare al declino cognitivo dei pazienti di Alzheimer.
"Questa complessa formazione di amiloide-beta e tau blocca effettivamente la comunicazione neurale", spiega Reddy. "Se trovassimo in qualche modo una molecola che riesca ad inibire il legame di queste due proteine nelle sinapsi, quella potrebbe essere la cura buona per l'Alzheimer".
Per condurre la ricerca, Reddy e il suo team hanno studiato tre diversi tipi di topi, che erano stati allevati per avere alcune delle caratteristiche del cervello di Alzheimer, compresa la presenza di amiloide-beta e tau fosforilata. Reddy ha anche analizzato il tessuto cerebrale post-mortem di persone che avevano l'Alzheimer.
Usando vari anticorpi che riconoscono l'amiloide-beta e la tau fosforilata, Reddy e Maria Manczak, Ph.D., associato di ricerca nel laboratorio di Reddy, hanno specificamente cercato la prova dell'interazione tra amiloide-beta e tau fosforilata. Hanno trovato dei complessi amiloide-beta/tau nei tessuti cerebrali umani di Alzheimer e nel cervello dei topi di Alzheimer. Il team di Reddy ha anche trovato una quantità molto maggiore di tali complessi nel cervello in cui la malattia era progredita di più.
Al contrario Reddy ha trovato molto poca o nessuna evidenza della stessa interazione nei soggetti di "controllo", topi che non avevano i tratti di Alzheimer e nel tessuto cerebrale umano di persone che non avevano avuto la malattia. "Ci sono state molte ricerche sull'Alzheimer che hanno esaminato l'amiloide-beta e la tau", nota Reddy. "Ma la nostra è la prima a dimostrare con forza che sì, c'è un'interazione amiloide-beta/tau fosforilata. E che l'interazione potrebbe essere la causa del danno sinaptico e del declino cognitivo nelle persone con Alzheimer".
Reddy e il suo laboratorio stanno già lavorando sulle prossime domande cruciali. Una è definire il sito o i siti di legame e dove avviene all'inizio con esattazza l'interazione tra amiloide-beta e tau all'interno del neurone. La seconda è trovare un modo per inibire tale interazione, e quindi forse prevenire o rallentare la progressione del morbo di Alzheimer.
Maria Manczak è co-autrice dell'articolo sul Journal of Alzheimer's Disease. La ricerca è stata finanziata dal National Institutes of Health e dalla Fondazione per la Ricerca Medica dell'Oregon.
Fonte: Oregon Health & Science University
Pubblicato in Guardian Express (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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