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Vedere ad alta definizione i segnali confusi dell'Alzheimer

 

Scienziati del Virginia Tech Carilion Research Institute hanno scoperto come la classe predominante di prodotti farmaceutici per Alzheimer potrebbe affinare le prestazioni del cervello.

Un fattore ancora più importante della dimensione dello schermo televisivo è la qualità del segnale visualizzato. Avere una proiezione a grandezza naturale di Harry Potter che schiva un bolide in una partita di Quidditch è di scarsa utilità se si perdono i dettagli nella sgranatura.


L'importanza di trasmettere segnali chiari, tuttavia, non è riservata alle onde radio: lo stesso credo vale per gli impulsi elettrici che percorrono un cervello umano. Ora, una nuova ricerca dimostrato che uno dei pochi farmaci approvati per il trattamento dell'Alzheimer aiuta i pazienti chiarendo i segnali che arrivano dal mondo esterno.


La scoperta è stata fatta da un team di ricercatori guidato da Rosalyn Moran, professore assistente al Virginia Tech Carilion Research Institute. Il suo studio indica che gli inibitori della colinesterasi - una classe di farmaci che bloccano la scomposizione del neurotrasmettitore acetilcolina - consentono ai segnali di entrare nel cervello con più precisione e meno rumore di fondo.

"L'aumento dei livelli di acetilcolina sembra trasformare il vecchio segnale TV analogico sfocato in uno nuovo, lucido, ad alta definizione", scrive la Moran, cha ha un incarico di professore assistente al Virginia Tech College of Engineering. "E il farmaco lo fa nelle cortecce sensoriali. Questi sono i cavalli da soma del cervello, i guardiani, non le regioni di elaborazione più sofisticate (come la corteccia prefrontale) dove uno avrebbe potuto aspettarsi che i farmaci avessero l'effetto più evidente".


L'Alzheimer colpisce più di 35 milioni di persone in tutto il mondo; un numero destinato a raddoppiare ogni 20 anni, arrivando a più di 115 milioni di casi nel 2050. Su cinque farmaci approvati dalla Food and Drug Administration per il trattamento della malattia, quattro sono inibitori della colinesterasi. Sebbene sia chiaro che i farmaci aumentano la quantità di acetilcolina nel cervello, non è chiaro come questi migliorano i sintomi dell'Alzheimer. Se gli scienziati capissero i meccanismi e i percorsi responsabili del miglioramento, potrebbero progettare farmaci migliori per combattere la malattia, che costa più di $ 200 miliardi di dollari all'anno, solo negli Stati Uniti.


Nel nuovo studio, la Moran ha reclutato 13 giovani adulti sani e ha dato loro dosi di galantamina, uno degli inibitori della colinesterasi prescritti di solito ai malati di Alzheimer. Mentre i partecipanti ascoltavano una serie di segnali modulanti, eseguendo un compito semplice di concentrazione, sono stati fatti due elettroencefalogrammi (uno con farmaci e uno senza). I ricercatori cercavano le differenze di attività neurale tra i due stati di farmaco in risposta ai cambiamenti sorprendenti nei modelli sonori che i partecipanti stavano ascoltando.


Gli scienziati hanno confrontato i risultati con i modelli computerizzati costruiti su una teoria bayesiana del cervello, nota come Free Energy Principle, una teoria importante che descrive le regole fondamentali della comunicazione neuronale e spiega la creazione di reti complesse. La teoria ipotizza che i neuroni cercano di ridurre l'incertezza, che può essere modellata e calcolata con le dinamiche dell'energia molecolare libera. Collegando decine di migliaia di neuroni che si comportano in questo modo, si ottiene la macchina probabilistica che noi chiamiamo cervello.


La Moran e i suoi colleghi hanno compilato 10 simulazioni al computer sulla base dei diversi effetti che i farmaci potrebbero avere sul cervello. Il modello che si adattava meglio ai risultati ha rivelato che i cicli di basso livello del cervello, nelle prime fasi del processo di creazione di reti neurali, sono quelli che beneficiano dei farmaci e della creazione di segnali più chiari, più precisi.


"Quando le persone prendono questi farmaci si può immaginare che il cervello se ne inonda", dice la Moran. "Ma abbiamo scoperto che i farmaci non hanno effetti ad ampio spettro sull'attività cerebrale. Al contrario funzionano in modo molto mirato nei punti di entrata della corteccia, controllando i segnali che entrano in rete inizialmente".

 

 

 

 


Fonte: Virginia Tech (Virginia Polytechnic Institute and State University), via Newswise. Articolo originale scritto da Ken Kingery.

Riferimento: Rosalyn Moran et al. Free Energy, Precision and Learning: The Role of Cholinergic Neuromodulation. The Journal of Neuroscience, May 8, 2013 (in press).

Pubblicato in Science Daily il 7 Maggio 2013 (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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