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Marcatori genetici identificano un secondo percorso di Alzheimer

Ricercatori della School of Medicine alla Washington University di St. Louis hanno identificato una nuova serie di marcatori genetici per l'Alzheimer che puntano ad un secondo percorso attraverso cui si sviluppa la malattia.

Gran parte della ricerca genetica sull'Alzheimer è centrata sull'amiloide-beta, un componente chiave delle placche cerebrali che si accumulano nel cervello delle persone con la malattia.


Nel cervello di un paziente con Alzheimer ci
sono sia grovigli (in alto a sinistra) che placche
(in basso a destra). Credit: Nigel Cairns, PhD

Nel nuovo studio, gli scienziati hanno identificato diversi geni legati alla proteina tau, che si trova nei grovigli che si sviluppano nel cervello durante la progressione dell'Alzheimer e dello sviluppo di demenza. I risultati possono aiutare a dare nuovi obiettivi per una diversa classe di farmaci da utilizzare per il trattamento.


I risultati della ricerca sono pubblicati on-line dal 4 Aprile sulla rivista Neuron.


"Abbiamo misurato la proteina tau nel liquido cerebrospinale, e identificato diversi geni legati al livello elevato di tau, che influenza anche il rischio di Alzheimer", scrive il responsabile della ricerca, Alison M. Goate, DPhil, Professore "Samuel and Mae S. Ludwig" di Genetica in Psichiatria. "Per quanto ne sappiamo, tre di questi geni non hanno effetto su l'amiloide-beta, suggerendo che essi operano attraverso un percorso completamente diverso".


Un quarto gene nel mix, l'APOE, era stato identificato da tempo come fattore di rischio per l'Alzheimer. Finora era legato all'amiloide-beta, ma nel nuovo studio l'APOE sembra essere collegato a livelli elevati di tau. La scoperta che l'APOE influenza più di un percorso, potrebbe contribuire a spiegare perché il gene ha un grande effetto sul rischio di Alzheimer, dicono i ricercatori. "Sembra che l'APOE influenzi il rischio in più di un modo", spiega la Goate, che è anche professoressa di genetica e condirettrice dell'Hope Center for Neurological Disorders. "Alcuni degli effetti sono mediati dall'amiloide-beta e altri dalla tau, suggerendo quindi che ci sono almeno due modi in cui il gene può influenzare il rischio di Alzheimer".


La nuova ricerca della Goate e dei suoi colleghi è il più grande studio di associazione del genoma (GWAS) fatto finora sulla tau nel liquido cerebrospinale. Gli scienziati hanno analizzato i punti lungo il genoma di 1.269 individui che avevano subito prelievi spinali nell'ambito di una ricerca di Alzheimer continua.


Mentre l'amiloide si raccoglie nel cervello e colpisce le cellule cerebrali dall'esterno, la proteina tau di solito è immagazzinata all'interno delle cellule. Quindi di norma la tau si sposta nel liquido spinale quando le cellule sono danneggiate o morte. Una tau elevata è collegata a diverse forme di demenza non-Alzheimer, e il primo autore Carlos Cruchaga, PhD, afferma che, sebbene le placche amiloidi siano una caratteristica fondamentale dell'Alzheimer, è possibile che la tau in eccesso abbia più influenza sulla demenza rispetto alle placche. "Sappiamo che ci sono alcuni individui con alti livelli di amiloide-beta, che non sviluppano l'Alzheimer", dice Cruchaga, assistente professore di psichiatria. "Non sappiamo perché succede questo, ma forse potrebbe dipendere dal fatto che non hanno un livello elevato di tau".


Oltre all'APOE, i ricercatori hanno scoperto che anche il gene chiamato GLIS3, e i geni TREM2 e TREML2 influenzano sia il livello di tau che il rischio di Alzheimer.


La Goate dice di credere che le variazioni nella tau possano essere buoni predittori dell'avanzamento della malattia. Quando il livello di tau sale, lei dice che le persone possono avere più probabilità di sviluppare la demenza. Eventuali farmaci sviluppati per puntare la tau, potrebbero impedire gran parte della neurodegenerazione che caratterizza l'Alzheimer e, in questo modo, prevenire o ritardare la demenza.


La nuova ricerca suggerisce anche che un giorno potrebbe essere possibile ridurre il rischio di Alzheimer bersagliando entrambi i percorsi. "Dal momento che apparentemente esistono due meccanismi, potrebbe essere molto utile individuare potenziali bersagli farmacologici lungo questi percorsi", dice. "Se abbinassimo farmaci che colpiscono la tau a quelli che influenzano l'amiloide, potremmo potenzialmente ridurre il rischio attraverso due percorsi differenti".

 

 

 

 

 


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Fonte: Washington University School of Medicine. Articolo originale scritto da Jim Dryden.

Riferimento: Carlos Cruchaga, John S.K. Kauwe, Oscar Harari, Sheng Chih Jin, Yefei Cai, Celeste M. Karch, Bruno A. Benitez, Amanda T. Jeng, Tara Skorupa, David Carrell, Sarah Bertelsen, Matthew Bailey, David McKean, Joshua M. Shulman, Philip L. De Jager, Lori Chibnik, David A. Bennett, Steve E. Arnold, Denise Harold, Rebecca Sims, Amy Gerrish, Julie Williams, Vivianna M. Van Deerlin, Virginia M.-Y. Lee, Leslie M. Shaw, John Q. Trojanowski, Jonathan L. Haines, Richard Mayeux, Margaret A. Pericak-Vance, Lindsay A. Farrer, Gerard D. Schellenberg, Elaine R. Peskind, Douglas Galasko, Anne M. Fagan, David M. Holtzman, John C. Morris, Alison M. Goate. GWAS of Cerebrospinal Fluid Tau Levels Identifies Risk Variants for Alzheimer’s Disease. Neuron, 2013; DOI: 10.1016/j.neuron.2013.02.026

Pubblicato in Science Daily il 4 Aprile 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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