La sensazione di fame in sé stessa può proteggere dall'Alzheimer, secondo uno studio pubblicato oggi sulla rivista PLoS ONE.
È interessante notare che i risultati di questo studio sui topi suggeriscono che leggeri morsi della fame, e i relativi percorsi ormonali, possono essere importanti per il significato tanto discusso della "restrizione calorica", quanto lo è il vero mangiare di meno.
La restrizione calorica è un regime in cui un individuo consuma meno calorie rispetto alla media, ma non così poche da diventare malnutrito. Gli studi condotti su molte specie suggeriscono che potrebbe proteggere dalle malattie neurodegenerative ed estendere la durata della vita, ma l'effetto non è stato confermato da studi clinici randomizzati. Gli sforzi per capire se il taglio delle calorie può proteggere il cervello sono diventati più importanti da quando si è saputo che sono in aumento i casi di morte per Alzheimer degli americani, e perché i migliori trattamenti disponibili ritardano solo l'insorgenza in un sottogruppo di pazienti.
Gli autori dello studio sostengono che i segnali ormonali sono gli intermediari tra l'intestino vuoto e la percezione della fame nel cervello, e che la loro manipolazione può contrastare efficacemente il declino cognitivo correlato all'età, allo stesso modo della restrizione calorica. "Questo è il primo studio, per quanto ne sappiamo, che dimostra che la sensazione di fame, può ridurre la patologia di Alzheimer in un modello di topo della malattia", scrive Inga Kadish, Ph.D., professoressa assistente del Dipartimento di Biologia Cellulare, dello Sviluppo e Integrativa (CDIB) all'interno della Scuola di Medicina dell'Università di Alabama a Birmingham (UAB). "Se i meccanismi saranno confermati, la segnalazione ormonale della fame può rappresentare un nuovo modo di combattere l'Alzheimer, da sola o in combinazione con la restrizione calorica".
Il team ipotizza che la sensazione di fame crea un lieve stress. Questo, a sua volta, induce percorsi di segnalazione metabolica che contrastano i depositi di placca noti per distruggere le cellule nervose nei pazienti di Alzheimer. L'idea è un esempio della teoria ormesi, che ritiene positivi gli agenti di stress dannosi, come la fame, se presenti in misura lieve.
Per studiare la sensazione di fame, il team di ricerca ha analizzato gli effetti dell'ormone grelina, che è noto per farci sentire fame. Hanno usato una forma sintetica di grelina in forma di pillola, che consentiva di controllare il dosaggio, al punto che i topi trattati con la grelina si sentivano affamati costantemente, seppure in modo leggero.
Se potresse essere sviluppato, un trattamento che colpisce i percorsi biochimici a valle dei segnali della fame potrebbe aiutare a ritardare il declino cognitivo, senza destinare le persone a una vita di fame. Una pura restrizione calorica non sarebbe tollerabile per molte persone nel lungo periodo, ma potrebbe farlo la manipolazione della segnalazione post-fame. Questa linea di pensiero diventa importante, perché ogni beneficio protettivo apportato da farmaci o da diete che regolano dolcemente i segnali post-fame potrebbe essere più utile se iniziato nei soggetti a rischio più presto possibile nel corso della vita. I tentativi di trattare la malattia anni dopo - quando le reti nervose sono già danneggiate abbastanza perchè appaiano i sintomi neurologici - potrebbero arrivare troppo tardi.
Questo studio ha cercato di capire se la sensazione di fame, in assenza di restrizione calorica, possa contrastare l'Alzheimer nei topi geneticamente modificati per avere tre mutazioni genetiche che causano la malattia negli esseri umani. Il trattamento a lungo termine con un agonista della grelina ha migliorato la performance cognitiva nei topi esaminati quando avevano raggiunto un'età avanzata.
[...] L'agonista della grelina, utilizzato nello studio, non si presta ad un uso clinico e non avrà un ruolo nella prevenzione futura dell'Alzheimer, afferma la Kadish. Doveva invece dimostrare il principio che la segnalazione ormonale della fame può contrastare la patologia di Alzheimer in un mammifero. Il passo successivo sarà capire esattamente come avviene, un prerequisito per la progettazione di un trattamento futuro.
Si sa che la grelina crea segnali di fame interagendo con il nucleo arcuato nella parte del cervello chiamata ipotalamo, che quindi invia neuropeptidi di segnalazione che aiutano il corpo a percepire e a rispondere alle esigenze energetiche. Gli studi già in corso nel laboratorio della Kadish cercano di determinare il ruolo potenziale di queste vie, e dei geni correlati, nel contrastare la malattia.
Insieme alla Kadish hanno lavorato Allison, Dhurandhar, e Thomas van Groen, Ph.D., professore associato al CDIB della UAB. L'agonista della grelina utilizzato nello studio è stato donato dalla Eli Lilly [casa farmaceutica]. Questo lavoro è stato finanziato anche dall'Alzheimer's Association of Central Alabama e dal National Institutes of Health. Uno degli autori, Allison, ha rivelato rapporti di consulenza con l'industria, i dettagli si trovano nell'articolo su PLOS ONE.
of this article is here.
Fonte: University of Alabama at Birmingham. Articolo originale scritto da Greg Williams.
Riferimento: Emily J. Dhurandhar, David B. Allison, Thomas van Groen, Inga Kadish. Hunger in the Absence of Caloric Restriction Improves Cognition and Attenuates Alzheimer's Disease Pathology in a Mouse Model. PLoS ONE, 2013; 8 (4): e60437 DOI: 10.1371/journal.pone.0060437.
Pubblicato in Science Daily il 2 Aprile 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |