Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


La demenza è una malattia infettiva?

Nuovi dati dal North Manhattan Study (NOMAS) collegano l'esposizione a infezioni virali o batteriche al declino cognitivo.

Lo studio utilizza un indice di carico infettivo (IB), che è associato al rischio vascolare, suggerendo che ci potrebbe essere qualche "terreno comune" tra la malattia vascolare e la demenza, scrive l'autore Mira Katan (foto), MD, ricercatrice alla Columbia University di New York.


"Se potessimo dimostrare che questo è causale, cosa che non avviene in questo studio, potremmo eliminare questi agenti patogeni, e ridurre il rischio, non solo per la demenza, ma anche per l'ictus, e questo sarebbe importante"
, afferma la Dott.ssa Katan. "Si potrebbe avere un impatto su 2 tra i principali problemi di salute pubblica". La ricerca è pubblicata sul numero del 26 Marzo di Neurology.

 

Carico infettivo

Il NOMAS, un vasto studio multietnico trasversale, include 1.625 partecipanti senza ictus iscritti tra il 1993 e il 2001 (età media, 69 anni, 65% donne e 58% ispanici). I ricercatori hanno valutato lo stato cognitivo al basale con il punteggio Mini-Mental State Examination (MMSE) di 30 punti, e annualmente con il Telephone Interview for Cognitive Status modificato (TICS-m). Hanno anche usato un indice di carico infettivo (IB), una misura sierologica composita dell'esposizione ad agenti patogeni comuni. L'indice include misurazioni di batteri (Chlamydia pneumoniae, Helicobacter pylori) e virus (citomegalovirus [CMV] e virus herpes simplex [HSV] tipi 1 e 2).


Lo studio collega un indice IB più elevato a punteggi più bassi sul MMSE. L'indice è associato ad una maggiore probabilità di avere un punteggio MMSE pari o inferiore a 24, rispetto al punteggio superiore a 24 (odds ratio [OR] non aggiustato per deviazione standard [SD] del IB, 1,58, intervallo di confidenza 95%, 1,36-1,82). L'associazione persiste anche dopo l'aggiustamento per fattori demografici e di rischio. In un sottogruppo di 984 partecipanti con dati disponibili, i ricercatori hanno scoperto che l'associazione tra l'indice IB e il MMSE non cambia dopo l'aggiustamento per il genotipo APOE.

 

Cognizione nel tempo

Lo studio non ha trovato un'associazione tra l'indice IB e i cambiamenti cognitivi nel tempo. "Non è verificato che un maggiore carico infettivo determini in seguito un maggiore declino", precisa la Dott.ssa Katan. "C'è una associazione con il deterioramento cognitivo attuale, ma non siamo riusciti a vedere un effetto nel tempo". Forse un follow-up più lungo, per esempio 15 anni, potrebbe scoprire un effetto, ha aggiunto.


L'analisi indica che i virus studiati (CMV e HSV-1 e 2), da soli, influenzano la cognizione, afferma la Dott.ssa Katan. L'indice di carica serologica virale (VSB) è associato ad un punteggio MMSE pari o inferiore a 24, a fronte di un punteggio superiore a 24 (OR aggiustato per SD VIB indice, 1.22, p = .04) e con i TICS-m. E' impossibile stabilire quale dei virus abbia il ruolo più importante, in quanto l'indice IB è un indice cumulativo ponderato. Ci potrebbe essere una interazione tra i virus, teorizza la Dott.ssa Katan. Inoltre non si capisce esattamente come un virus potrebbe danneggiare il cervello, anche se la dott.ssa Katan pensa che le infezioni possono innescare una infiammazione cronica dei vasi sanguigni, il che potrebbe portare a demenza vascolare. Inoltre, un virus potrebbe avere un effetto neurotossico diretto, dice. Tuttavia sottolinea che è necessaria altra ricerca di base per determinare il meccanismo.


In generale, lo studio dimostra che l'entità degli effetti dell'IB sono maggiori tra le donne, tra le persone con basso status socio-economico, e inattivi fisicamente. L'associazione è modificata in modo notevole dal livello di attività fisica dei partecipanti. "L'esposizione al carico infettivo è ancora lì, ma l'effetto nel lungo periodo potrebbe essere modificato con l'esercizio [fisico]", dice la Dott.ssa Katan. Altri studi hanno dimostrato che l'attività fisica influisce sull'infiammazione, aggiunge. "Se si ha un carico infettivo maggiore o si sono accumulate infezioni durante la vita, ma si è fatto esercizio, potrebbe essere che questo tipo di infiammazione ne viene contrastato. Quindi il comportamento potrebbe interagire con la vulnerabilità". Sottolinea che il suo studio non prova un nesso di causalità e che per questo sono necessari studi di intervento.

 

"Rivoluzionare" il campo?

Questo è esattamente ciò che suggeriscono gli autori di un editoriale di accompagnamento (vedere link nei riferimenti). Timo Strandberg E., MD, PhD, del Dipartimento di Medicina della Clinica Geriatrica dell'Università di Helsinki, e Allison E. Aiello, PhD, del Dipartimento di Epidemiologia al Centro di Epidemiologia Sociale e di Salute Pubblica della School of Public Health della University of Michigan di Ann Arbor, hanno detto di sperare che questo studio possa stimolare uno studio randomizzato controllato sul valaciclovir nei pazienti con Alzheimer (AD).


Dimostrare che il declino cognitivo da vecchiaia, compreso l'AD, riflette le malattie che progrediscono lentamente ad eziologia virale "potrebbe rivoluzionare il campo di ricerca sulla demenza (ed essere degno del premio Nobel)", scrivono il Dr. Strandberg e il dottor Aiello. "Tuttavia, rimangono grandi difficoltà [a dimostrarlo]". La maggior parte degli studi fino ad oggi sono stati trasversali e associativi, e ci sono prove contrastanti sull'associazione tra demenza e i diversi tipi virali. Essi sottolineano anche l'entusiasmo precedente nella comunità cardiaca sull'infezione C pneumoniae come una possibile causa dell'aterosclerosi, ipotesi che non ha funzionato nei grandi studi clinici sugli antibiotici.


I risultati promettenti del Valaciclovir nella schizofrenia, per esempio, suggeriscono l'opportunità di un esperimento di questo farmaco, nonostante le differenze di queste popolazioni, scrivono. "Si deve cominciare da qualche parte. Un primo passo potrebbe essere un esperimento randomizzato controllato in pazienti con AD con valaciclovir con un dosaggio (possibilmente 3 g) e durata (6 mesi o più) adeguati per coprire le riattivazioni di Herpesviridae e con accurata selezione degli endpoint sensibili dello studio (come l'Alzheimer Disease Assessment Scale-cognitive subscale)", suggeriscono. "Attualmente, non esistono studi antimicrobici in AD nelle banche dati degli esperimenti", concludono. "Vale comunque la pena fare questo studio, e gli autori sperano che lo studio di Katan et al., insieme a un precedente lavoro pionieristico di altri gruppi che hanno esaminato specifiche eziologie infettive su cognizione e AD, stimolerà questa impresa".


La Dott.ssa Katan vede vantaggi e svantaggi in tale studio. Da un lato, potrebbe essere utile perché il Valaciclovir è un farmaco noto e i medici hanno molta esperienza con esso, "perciò i rischi sarebbero molto bassi e si potrebbe avere qualche beneficio", ha detto. D'altra parte, potrebbe essere troppo tardi sperimentare il farmaco in pazienti che hanno già una demenza, dice la Dott.ssa Katan. "Se non si vedrà  un effetto, si potrebbe indurre la conclusione che non c'è alcuna associazione, ma credo che non si può trarre questa conclusione da un tale test, perché potrebbe essere che non si vede perché il danno è già fatto".

 

 

 

 


Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
The original English version EnFlag
of this article is here.

 

 

 

 

 


Riferimento: Mira Katan, MD, Yeseon Park Moon, MS, Myunghee Cho Paik, PhD, Ralph L. Sacco, MD, MS, Clinton B. Wright, MD, Mitchell S.V. Elkind, MD, MS. Infectious burden and cognitive function. The Northern Manhattan Study. Neurology, 2013;80:1209-1215, 182-183. doi: 10.1212/WNL.0b013e3182896e79. Abstract - Editorial

Pubblicato da Pauline Anderson in Medscape Today il 28 Marzo 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:




Notizie da non perdere

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Marito riferisce un miglioramento 'miracoloso' della moglie con Alzh…

28.09.2018 | Annunci & info

Una donna di Waikato (Nuova Zelanda) potrebbe essere la prima persona al mondo a miglior...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)