Una nuova scoperta di biologi delle cellule staminali di Harvard capovolge una delle basi della neurobiologia: si dimostra che è possibile trasformare un tipo di neurone già differenziato in un altro, all'interno del cervello.
La scoperta di Paola Arlotta e Caroline Rouaux "dice che forse il cervello non è immutabile come abbiamo sempre pensato, perché almeno in una finestra prematura di tempo si può riprogrammare l'identità di una classe neuronale in un'altra", ha detto la Arlotta, Professore Associato al Dipartimento Cellule Staminali e Biologia Rigenerativa di Harvard (SCRB).
Il principio dellariprogrammazione di cellule differenziate per discendenza diretta all'interno del corpo è stato dimostrato cinque anni fa da Doug Melton, co-presidente del SCRB e condirettore dell'Harvard Stem Cell Institute (HSCI) e colleghi, quando hanno riprogrammato le cellule esocrine del pancreas direttamente in cellule beta produttrici di insulina.
Arlotta e Rouaux hanno ora dimostrato, con lo studio pubblicato on-line il 20 gennaio sulla rivista Nature Cell Biology, che i neuroni possono anche cambiare idea. Negli esperimenti, la Arlotta ha preso di mira i neuroni di proiezione del corpo calloso, che collegano i due emisferi del cervello, e li ha trasformati in neuroni simili ai neuroni motori corticospinali, una delle due popolazioni di neuroni distrutti nella Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), conosciuta anche con il nome di malattia di Lou Gehrig. Per raggiungere tale riprogrammazione dell'identità neuronale, i ricercatori hanno usato un fattore di trascrizione chiamato Fezf2, conosciuto da tempo per il ruolo centrale nello sviluppo dei neuroni corticospinali nell'embrione.
Ciò che rende la ricerca ancora più significativa è che il lavoro è stato fatto nel cervello dei topi viventi, piuttosto che in collezioni di cellule nei piatti di laboratorio. I topi erano giovani, per cui i ricercatori non sanno ancora se è possibile la riprogrammazione neuronale negli animali da laboratorio più anziani - e negli esseri umani. Se fosse possibile, ci sarebbero enormi implicazioni per il trattamento delle malattie neurodegenerative.
"Le malattie neurodegenerative in genere colpiscono specifiche popolazione di neuroni, lasciandone molte altre intatte. Ad esempio, nella SLA a morire elettivamente sono i neuroni motori corticospinali nel cervello e i neuroni motori nel midollo spinale, tra i molti tipi di neuroni del sistema nervoso" dice la Arlotta. "Cosa dire se si potessero prendere i neuroni risparmiati da una determinata malattia e trasformarli direttamente nei neuroni che sono morti? Nella SLA, se si potesse generare anche una piccola percentuale di neuroni motori corticospinali, sarebbe probabilmente sufficiente a recuperare un funzionamento di base", ha detto.
Gli esperimenti che hanno portato alla nuova scoperta sono iniziati cinque anni fa, quando "ci siamo chieste: in natura non si è mai visto un neurone cambiare identità; è semplicemente perchè non lo vediamo, o è la realtà? Possiamo indurre un tipo di neurone e diventarne un'altro?" si sono chiesti la Arlotta e la Rouaux.
Nel corso dei cinque anni, i ricercatori hanno analizzato "migliaia e migliaia di neuroni, alla ricerca di molti marcatori molecolari così come della nuova connettività che avrebbe indicato che stava avvenendo la riprogrammazione", ha detto la Arlotta. "Avremmo potuto vederlo due anni fa, ma anche se era un insieme concettualmente molto semplice di esperimenti, tecnicamente è stato difficile. Il lavoro doveva testare dei dogmi importanti sulla natura irreversibile dei neuroni in vivo. Abbiamo dovuto dimostrare, senza ombra di dubbio, che questo stava accadendo".
Il lavoro del laboratorio della Arlotta è focalizzato sulla corteccia cerebrale, ma esso "apre la porta a una riprogrammazione in altre aree del sistema nervoso centrale", ha detto.
La Arlotta, componente importante di facoltà dell'HSCI, sta lavorando con il collega Takao Hensch, del Dipartimento di Biologia Molecolare e Cellulare di Harvard, per spiegare la fisiologia dei neuroni riprogrammati, e capire come comunicano all'interno delle reti neuronali preesistenti. "La mia speranza è che questo possa facilitare il lavoro in un nuovo campo della neurobiologia che esplora i confini e la forza della riprogrammazione neuronale per re-ingegnerizzare i circuiti importanti per la malattia", ha detto Paola Arlotta.
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Fonte: Materiale della Harvard University, via EurekAlert!, a service of AAAS.
Riferimento: Caroline Rouaux, Paola Arlotta. Direct lineage reprogramming of post-mitotic callosal neurons into corticofugal neurons in vivo. Nature Cell Biology, 2013; DOI: 10.1038/ncb2660.
Pubblicato in ScienceDaily il 20 Gennaio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari - Ilustrazione grafica: Credit: © nobeastsofierce / Fotolia
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