L'identificazione dei fattori di rischio genetico del morbo di Alzheimer (MA) è un problema cruciale della ricerca, per comprendere e trattare meglio la patologia. I progressi dell'analisi del genoma umano, abbinati a grandi studi di associazione dell'intero genoma, consentono oggi importanti progressi nel campo.
Ricercatori dell'Inserm, dell'Istituto Pasteur di Lille, del Centro Ospedaliero Universitario di Lille e dell'Università di Lille, in collaborazione con squadre europee, americane e australiane, hanno identificato 75 regioni del genoma associate al MA. Di queste, 42 sono nuove, non erano mai state coinvolte nella malattia. I risultati, pubblicati su Nature Genetics, rafforzano la nostra conoscenza dei meccanismi biologici coinvolti nella patologia e consentono di considerare nuovi percorsi di trattamento e di diagnosi.
Il MA è la demenza più comune, che colpisce circa 1.200.000 persone in Francia. È una patologia complessa multifattoriale, che di solito appare dopo i 65 anni e per la quale c'è una forte componente genetica. La maggior parte dei casi sarebbe causata dall'interazione di diversi fattori di predisposizione genetica con fattori ambientali.
Nonostante la malattia sia compresa meglio, non c'è attualmente alcun trattamento per guarirla. I farmaci disponibili puntano principalmente a frenare il declino cognitivo e riducono determinati disturbi comportamentali.
Uno dei temi principali di ricerca è caratterizzare meglio i fattori di rischio genetico della malattia, per capire le sue origini identificando i processi fisiopatologici coinvolti, e quindi proporre nuovi obiettivi terapeutici.
Nel contesto di una collaborazione internazionale (che ha coinvolto anche studiosi dell'Università di Firenze), i ricercatori citati sopra hanno guidato uno studio di associazione dell'intero genoma (GWAS, genome-wide association study) sul gruppo più grande di pazienti con MA messo insieme finora, coordinati da Jean-Charles Lambert, direttore ricerca dell'INSERM.
Favoriti dal progresso dell'analisi del genoma, questi studi analizzano l'intero genoma di decine o centinaia di migliaia di individui, sani o malati, per identificare i fattori di rischio genetico associati a tratti specifici della malattia.
Con questo metodo, gli scienziati sono riusciti a identificare 75 regioni del genoma (chiamati locus), associate al MA, di cui 42 non erano ancora state implicate in questa malattia. Jean- Charles Lambert sottolinea:
"Dopo questa importante scoperta, il resto del nostro lavoro è consistito nel caratterizzare queste regioni del genoma che abbiamo identificato, per dare loro il significato in relazione alla nostra conoscenza biologica e clinica, e quindi capire meglio i meccanismi cellulari e i processi patologici".
Evidenziare i fenomeni patologici
Nel MA, due fenomeni patologici sono già stati documentati: l'accumulo di peptidi di amiloide-beta e la modifica della tau, una proteina, che si trova sotto forma di aggregati nei neuroni.
Gli scienziati hanno confermato l'importanza di questi processi patologici. In effetti, le loro analisi delle diverse regioni del genoma confermano che alcune sono coinvolte nella produzione dei peptidi amiloidi e nel funzionamento della proteina tau.
Inoltre, queste analisi rivelano anche che nel MA è al lavoro un malfunzionamento dell'immunità innata e l'azione delle microglia (cellule immunitarie presenti nel sistema nervoso centrale con un ruolo di 'spazzini' che eliminano le sostanze tossiche). Infine, questo studio mostra per la prima volta il coinvolgimento nella malattia del percorso di segnalazione dipendente dal fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa).
Questi risultati consentono di confermare e rafforzare la nostra conoscenza dei processi patologici coinvolti nella malattia e aprono nuovi percorsi per la ricerca terapeutica. Confermano, ad esempio, l'interesse di effettuare studi clinici sui trattamenti che puntano la proteina precursore dell'amiloide (APP), di continuare a lavorare sulle cellule microgliali, come iniziato alcuni anni fa, ma anche di puntare il percorso di segnalazione TNF-alfa.
Punteggio dei rischi
Basandosi sui loro risultati, i ricercatori hanno anche costruito un punteggio di rischio genetico che permette di valutare meglio chi, tra le persone con disturbi cognitivi, passerà al MA entro tre anni dall'apparizione clinica dei problemi. Jean-Charles Lambert spiega:
"Questo strumento non è affatto destinato alla pratica clinica, ma potrebbe essere molto utile per creare test terapeutici che classificano per rischio i partecipanti e valutano meglio l'interesse dei farmaci testati".
La squadra ora desidera continuare il suo lavoro in un gruppo ancora più ampio [di pazienti], per convalidare ed espandere i risultati. Oltre a questa caratterizzazione esaustiva dei fattori genetici del MA, il team sviluppa anche numerosi approcci alle biologie cellulari e molecolari per determinare i loro ruoli nello sviluppo della malattia.
Inoltre, la ricerca genetica al momento è condotta principalmente su popolazioni di origini caucasiche, una delle prossime sfide sarà eseguire lo stesso tipo di studi in altri gruppi, per determinare se i fattori di rischio sono gli stessi da una popolazione all'altra, il che rafforzerebbe la loro importanza nel processo fisiopatologico.
Fonte: Université de Lille / INSERM (> Français) - Traduzione Google Translate / Franco Pellizzari.
Riferimenti: Céline Bellenguez, Fahri Küçükali, …[+409], Jean-Charles Lambert. New insights into the genetic etiology of Alzheimer’s disease and related dementias. Nature Genetics, 4 Apr 2022, DOI
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