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Vorresti sapere se avrai la demenza?

La maggior parte dei cittadini britannici ritiene che le persone affette da demenza trarrebbero beneficio da una diagnosi, anche se non è disponibile una buona terapia, secondo un nuovo sondaggio di opinione eseguito per Alzheimer's Research UK (ARUK).


YouGov ha chiesto a 2.099 adulti se è importante per una persona con demenza ricevere la diagnosi formale da un medico. Tre quarti (76%) hanno risposto affermativamente e solo il 7% ha risposto di no.
La risposta positiva è salita al 79% per le persone oltre i  45 anni di età e l'82% per coloro che conoscono qualcuno che ha/aveva una demenza.


"I risultati sono più positivi di quanto ci aspettassimo", ha affermato Carol Routledge, direttrice della ricerca di ARUK, l'organizzazione benefica che quest'anno beneficia dell'Appello Stagionale del Financial Times. "Pensavamo che ci sarebbe stata maggiore riluttanza a cercare una diagnosi in assenza di qualsiasi trattamento che può influenzare il decorso della malattia". La mancanza di trattamento è stata data come motivo dal 61% di coloro che non vedevano alcun valore nella diagnosi.


Attualmente circa 530.000 persone nel Regno Unito hanno la diagnosi di una qualche forma di demenza. Si stima che sia il 69% del numero totale di persone affette dalla malattia. Ma il tasso di diagnosi è molto più basso - solo il 39% - nelle persone sotto i 65 anni con demenza ad esordio precoce. (L'Alzheimer rappresenta il 60% di tutti i casi di demenza).


La dott.ssa Routledge ha affermato che il forte supporto pubblico alla diagnosi, combinato con tassi di diagnosi inadeguati, ha rafforzato la necessità di test migliori, che l'ARUK intende sviluppare destinando più fondi alla ricerca.


Oggi la diagnosi inizia di solito con un medico di famiglia che sospetta la demenza inviando il paziente a una clinica di memoria o a un neurologo. Si possono anche chiedere ai familiari stretti i sintomi e i cambiamenti nelle facoltà mentali del paziente.


Oltre ai test cognitivi e di memoria, gli specialisti possono eseguire scansioni cerebrali o un prelievo lombare per studiare l'accumulo della proteina amiloide anormale che è caratteristica dell'Alzheimer. Sono in fase di sviluppo esami diagnostici del sangue, ma difficilmente saranno ampiamente disponibili ancora per diversi anni.


Trina Armstrong, 71 anni, ha una variante insolita dell'Alzheimer chiamata 'atrofia corticale posteriore' (PCA), che colpisce in particolare un'area nella parte posteriore del cervello coinvolta nell'elaborazione delle informazioni visive. La sua diagnosi PCA è arrivata quattro anni dopo l'insorgenza dei sintomi, che comprendevano il deterioramento della vista e una crescente dimenticanza, che i medici originariamente attribuivano all'ictus.


La signora Armstrong, che vive a nord-ovest di Londra, dice che è un grande sollievo conoscere la vera causa del suo deterioramento mentale. "Avrei preferito che familiari e amici sapessero cosa c'era di sbagliato in me, ad esempio perché non riuscivo a giocare a carte", ha detto al FT. "Ricevi simpatia e comprensione, e cerchi i modi per convivere con le informazioni".


Il suo marito e caregiver Graeme ha aggiunto: "Cominci a capire perché ci sei, e il risultato non è molto divertente". Ma lei interviene: "È utile sapere di cosa si tratta. Perché lo puoi spiegare ad altre persone".


YouGov ha chiesto anche alle persone se avrebbero voluto fare un test in grado di prevedere con precisione se svilupperanno la demenza, prima che i sintomi si manifestino. Il 39% ha dichiarato che farebbe un test predittivo, che il trattamento sia disponibile o no, e il 32 per cento lo farebbe se gli venisse offerta anche una prevenzione o un trattamento efficace. Solo il 13 percento non farebbe un test predittivo.


"Uno dei nostri obiettivi principali è sviluppare uno strumento diagnostico precoce", ha affermato la dott.ssa Routledge. È probabile che un trattamento di successo richieda alle persone che potrebbero sviluppare l'Alzheimer di sottoporsi a un test e iniziare a prendere farmaci mentre sono ancora sane e prima che nel cervello si accumulino proteine ​​tossiche come l'amiloide.

 

 

 


Fonte: Clive Cookson in Financial Times (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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