La diagnosi è quella che una famiglia non vorrebbe mai sentire: tuo padre ha il morbo di Alzheimer (MA), tua madre ha demenza associata a ictus.
Uno studio pubblicato di recente, incluso in un supplemento speciale al Journal of Gerontology, indica che l'impatto della demenza potrebbe essere un po' in calo. Cioè, le persone potrebbero sviluppare la demenza più avanti e convivere con essa per un periodo di tempo più breve.
Sudha Seshadri MD, professore di neurologia e direttrice fondatrice del Glenn Biggs Institute for Alzheimer's & Neurodegenerative Diseases della University of Texas Health di San Antonio, è l'autrice senior dello studio, che trae le prove dal Framingham Heart Study.
Nei dati di quattro diversi periodi di tempo in un periodo di 30 anni, l'età media all'esordio della demenza è aumentata, mentre il tempo trascorso con la demenza è diminuito. È perché la prevenzione e la cura dell'ictus oggi è migliore rispetto a decenni fa? L'ictus è un fattore di rischio importante della demenza.
"La prevenzione dell'ictus e l'impatto ridotto dell'ictus sono grandi progressi, ma nessuno dei due spiega completamente la tendenza che stiamo vedendo", ha affermato la dott.ssa Seshadri. "Stiamo esaminando altre cause, come il minor carico di infezioni multiple per la vaccinazione, e magari livelli inferiori di piombo o altri inquinanti nell'atmosfera. Anche l'istruzione iniziale e la nutrizione potrebbero avere un ruolo".
Il rischio di ictus è diminuito a causa di un maggiore controllo della pressione arteriosa. La dott.ssa Seshadri ha nuovamente citato i dati di Framingham: "In passato, se si trattava di ictus, si correva un rischio maggiore del 90 per cento di sviluppare la demenza. Oggi hai un rischio più alto del 40%", ha detto.
Fonte: University of Texas San Antonio (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Carole Dufouil, Alexa Beiser, Geneviève Chêne, Sudha Seshadri. Are Trends in Dementia Incidence Associated With Compression in Morbidity? Evidence From The Framingham Heart Study. The Journals of Gerontology: Series B, 2018; 73 (suppl_1): S65 DOI: 10.1093/geronb/gby001
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