L'obiettivo di trovare una terapia efficace che modifica il decorso dell'Alzheimer entro il 2025 non sarà raggiunto senza una ristrutturazione del processo di sviluppo dei farmaci, secondo un nuovo rapporto.
La cruda conclusione è che l'obiettivo non sarà raggiunto senza miglioramenti della progettazione della sperimentazione clinica e dei biomarcatori, della creazione di registri di pazienti per migliorare il reclutamento negli esperimenti, di strumenti di valutazione clinica più sensibili e di una revisione regolamentare più veloce.
Il rapporto - redatto da un gruppo di esperti di primo piano nella ricerca di Alzheimer - prende atto che per essere approvate entro il 2025, le terapie potenziali modificanti la malattia dovrebbero essere nell'ultima fase di esperimento ora, e per tale data la maggior parte dei composti con una possibilità di successo sarà probabilmente in fase II o III di test.
Visto che ci sono solo circa 25 composti in fase I in questo momento, e dato l'alto tasso di fallimenti, "è probabile che solo pochi composti possano infine raggiungere questo traguardo" con lo sviluppo e i percorsi normativi attuali, è scritto.
Con i tassi in crescita della malattia in tutto il mondo, la mancanza di farmaci efficaci creerà un problema enorme per i sistemi sanitari già in tensione. Entro il 2030 si stima che ci saranno quasi 75 milioni di persone con una demenza, e il costo di prendersi cura di loro potrebbe salire a 2.000 miliardi di dollari.
Attualmente non esistono terapie per rallentare l'inesorabile declino della memoria e della cognizione causato dalla malattia, anche se il trattamento con farmaci che modulano i neurotrasmettitori può migliorare temporaneamente i sintomi. In assenza di terapie modificanti la malattia, il numero stimato di persone affette da demenza raggiungerà più di 131 milioni entro il 2050.
"Se non prendiamo misure immediate per modificare il modo in cui affrontiamo l'Alzheimer, faremo un cattivo servizio non solo alle molte persone in tutto il mondo che sono o saranno influenzate da questa malattia devastante, ma anche ai nostri sistemi sanitari", dice l'autore Jeffrey Cummings del Lou Ruvo Center for Brain Health della Cleveland Clinic negli Stati Uniti.
Tra i suggerimenti avanzati dal gruppo di lavoro troviamo:
- fondere le fasi di sperimentazione clinica, per accorciare le scadenze degli studi;
- mobilitare i professionisti sanitari per preparare i database di anziani sani e sintomatici che possono prendere parte agli studi;
- aumentare gli sforzi per vedere se i farmaci esistenti (statine, antipertensivi, trattamenti contro il cancro e anticonvulsivanti) possono essere riproposti per trattare il morbo;
- incoraggiare la diagnosi precoce, poiché gli attuali strumenti clinici di valutazione non sono validi abbastanza per rilevare i primi segni della malattia; sono necessarie misure più sensibili che possono aiutare a cogliere il declino clinico sottile delle persone con sintomi minimi;
- modificare il contesto normativo; per accelerare l'approvazione di farmaci sono necessari processi più veloci di regolamentazione di revisione, allineare gli obiettivi della sperimentazione clinica allo stadio della malattia, ed eseguire studi pilota che mettono alla prova più popolazioni di pazienti. In particolare, i ricercatori suggeriscono di considerare l'approvazione di farmaci basata solo su un risultato cognitivo piuttosto che su cognizione e funzionalità nelle prime fasi della malattia, come è ora nella norma.
L'ultima raccomandazione, in particolare, sarà benvenuta dalla Eli Lilly, che è in attesa dei primi risultati del suo esperimento sul farmaco solanezumab inibitore dell'amiloide, previsti prima della fine dell'anno. La società ha modificato lo studio a metà strada, per concentrarsi sui risultati cognitivi piuttosto che su quelli funzionali, facendo nascere il sospetto che teme di non riuscire a raggiungere gli obiettivi iniziali più rigorosi.
Fonte: Phil Taylor in PMLive.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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