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Una proteina cruciale si dimostra promettente per un trattamento dell'Alzheimer



Salvatore Oddo, ricercatore del Biodesign Neurodegenerative Disease Research Center, ha indagato sulle cause sottostanti il Morbo di Alzheimer.


Nella nuova ricerca apparsa sulla rivista Molecular Psychiatry, Oddo e i suoi colleghi hanno esaminato la p62, una proteina cruciale associata ai sintomi rivelatori del morbo.


I risultati offrono nuove informazioni che possono aiutare i ricercatori a svelare i misteri di una delle malattie umane più difficili e sconvolgenti.


La proteina polifunzionale p62 è già stata associata a uno dei due sintomi neurologici classici della malattia: i grovigli neurofibrillari, fili intrecciati di proteina tau che si formano all'interno delle cellule morenti, distruggendo percorsi vitali per le sostanze nutritive.


Ora, Oddo e i suoi colleghi hanno dimostrato che la p62 è associata anche all'altra caratteristica dell'Alzheimer, l'accumulo nel cervello di placche formate da depositi di un'altra proteina critica, chiamata amiloide-beta (Aβ).


Lo studio, eseguito su topi modello della malattia, dimostra per la prima volta che la p62 regola la degradazione o ricambio di Aβ nei sistemi viventi, fatto che può contribuire a invertire gli effetti delle placche dannose nel cervello.


L'associazione della p62 sia con le placche che con i grovigli indica un ruolo centrale nell'insorgenza e nella traiettoria del morbo e può offrire indizi per un trattamento efficace della malattia, per la quale attualmente non esiste cura. "Questa scoperta entusiasmante suggerisce che i composti volti ad aumentare la p62 possono avere effetti benefici per l'Alzheimer", dice Oddo.

[...]

Emerge un indizio

Sappiamo che la proteina p62 esegue una serie di funzioni vitali nelle cellule. Di particolare interesse è il ruolo della p62 nell'aggregazione e nella degradazione di un paio di proteine ​​da tempo riconosciute come caratteristiche della malattia: tau e Aβ.


Gli autori dimostrano per la prima volta che, quando viene ripristinata l'espressione della p62 nel cervello di un ceppo modificato di topi (con sintomi di Alzheimer simili agli umani), emergono notevoli miglioramenti cognitivi, compresa un'inversione del deficit di memoria spaziale.


Lo studio dimostra inoltre che il miglioramento è associato a livelli ridotti di Aβ e placche relative nel cervello. Infine, la nuova ricerca descrive il meccanismo attraverso il quale l'attività della p62 migliora i sintomi dell'Alzheimer nei topi: attraverso un processo chiamato autofagia. Il termine si riferisce al degrado o al disassemblaggio di componenti non necessari o disfunzionali delle cellule, una forma di riciclaggio biologico essenziale per la salute cellulare.

 

Ridurre, Riutilizzare, Riciclare

Il mantenimento della salute umana richiede operazioni di pulitura intensive e continue. Le proteine ​​essenziali per i processi vitali devono essere degradate dopo aver svolto i propri compiti, che vanno dalla fornitura di supporto strutturale alle cellule e ai tessuti, alla protezione del corpo da invasori stranieri patogeni. Se le operazioni di pulizia del corpo sono in stallo o inefficienti, i risultati possono essere disastrosi.


Ricerche precedenti avevano rivelato come gli squilibri tra produzione di proteine ​​e il loro degrado possono portare ad accumuli di prodotti proteici associati a diverse malattie neurodegenerative mortali, tra cui la degenerazione lobare frontotemporale, la sclerosi laterale amiotrofica e l'Alzheimer.


Durante il processo di autofagia, le costituenti indesiderate delle cellule vengono isolate e richiuse in compartimenti specializzati a doppia membrana, chiamati autofagosomi. I detriti proteici imballati sono poi fusi con i lisosomi, gli organelli del citoplasma della cellula i cui enzimi digestivi scompongono le componenti proteiche. Il riciclaggio è completo quando gli amminoacidi costituenti delle proteine ​​degradate diventano la materia prima per nuove proteine.


Lo studio ha osservato il comportamento di topi geneticamente allevati per mancare della proteina p62, con conseguente deficit cognitivi da età. Le osservazioni precedenti puntavano al ruolo sottostante della p62 nel regolare l'accumulo di proteina tau nel cervello. Come fanno notare gli autori, nell'Alzheimer la p62 si lega con forza a questi grovigli tau, molto probabilmente per marcarli per la degradazione.


Memoria e cognizione sono state valutate tramite un semplice test in cui i topi dovevano ricordare mentalmente le posizioni di piattaforme sommerse in un labirinto d'acqua circolare. La p62 è stata introdotta nei topi transgenici attraverso un virus specificamente progettato per portarla nel cervello del topo.


I topi sono stati sottoposti a 4 prove di addestramento al giorno nel labirinto d'acqua, per cinque giorni consecutivi. Anche se tutti i topi hanno migliorato nel corso degli studi clinici di 5 giorni, coloro che esprimevano la p62 sono andati nettamente meglio, esibendo il ripristino delle capacità cognitive.


La modalità di azione della p62 sembra essere l'induzione di autofagia e il trasporto dell'Aβ ai lisosomi per essere elaborati e degradati, invertendo così l'accumulo di Aβ associato al deterioramento cognitivo.


Questi dati indicano che la p62 favorisce l'autofagia e facilita l'invio di sottoprodotti proteici ai lisosomi. La perdita di funzione della p62 nell'Alzheimer, forse a causa di un danno ossidativo del suo promotore, è collegata all'accumulo sia di placche che di grovigli.


I risultati della ricerca aprono la possibilità di ripristinare la funzione neuronale attraverso la rimozione di tau e Aβ per mezzo di autofagia indotta da p62. Studi futuri dovrebbero contribuire a svelare ulteriormente i dettagli dei sistemi di riciclaggio autofagici-lisosomiali nell'insorgenza e nella progressione dell'Alzheimer.

 

 

 


Fonte: Arizona State University via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: A Caccamo, E Ferreira, C Branca, S Oddo. P62 improves AD-like pathology by increasing autophagy. Molecular Psychiatry, 2016; DOI: 10.1038/mp.2016.139

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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