Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Cosa accade nel cervello quando qualcosa sembra familiare?

Quando una persona vede un'immagine familiare, persino se l'ha vista solo una volta per alcuni secondi, qualcosa di unico avviene nel suo cervello.


Fino a poco tempo fa, i neuroscienziati ritenevano che un'attività vigorosa in una parte visiva del cervello chiamata 'corteccia inferotemporarale (IT) o circonvoluzione temporale inferiore, significasse che la persona stava guardando qualcosa di nuovo, come il volto di uno sconosciuto o una pittura mai vista prima. Meno attività nella IT, al contrario, indicava familiarità.


Ma qualcosa riguardo a quella teoria, chiamata 'soppressione della ripetizione', non stava in piedi per Nicole Rust, neuroscienziata dell'Università della Pennsylvania. "Immagini diverse producono entità diverse di attivazione anche quando sono tutte nuove", afferma la Rust, professoressa associata nel Dipartimento di Psicologia. Oltre a ciò, altri fattori (la luminosità dell'immagine, ad esempio, o il suo contrasto) danno un effetto simile.


In uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, lei e il postdottorato Vahid Mehrpour, insieme a Travis Meyer, ricercatore della Penn, e a Eero Simoncelli dell'Università di New York, propongono una nuova teoria, per cui il cervello comprende il livello di attivazione previsto da uno stimolo sensoriale e si corregge per esso, lasciando alle spalle il segnale che significa familiarità. La chiamano 'soppressione a riferimento sensoriale'.

 

Il sistema visivo

Il laboratorio della Rust si concentra sui sistemi e la neuroscienza computazionale, che combina misurazioni dell'attività neurale e modellazione matematica per capire cosa sta accadendo nel cervello. Un aspetto si riferisce al sistema visivo. "Il grande problema centrale della visione è come portare le informazioni dal mondo dentro la nostra testa in modo interpretabile. Sappiamo che i nostri sistemi sensoriali devono scomporli", dice.


È un processo complicato, notevolmente semplificato qui per chiarezza: le informazioni entrano negli occhi attraverso bastoncelli e coni. Viaggiano da un neurone all'altro attraverso una pila di aree cerebrali che compongono il sistema visivo e infine arrivano a un'area visiva del cervello chiamata 'corteccia IT'. I suoi 16 milioni di neuroni si attivano in diversi modelli a seconda di ciò che viene visualizzato, e il cervello deve quindi interpretare i modelli per capire cosa sta vedendo.


"Ottieni uno schema per un viso specifico. Ottieni un modello diverso per una «tazza di caffè», ancora diverso per una «matita»", dice la Rust. "Questo è ciò che fa il sistema visivo. Costruisce il mondo a ritroso per aiutarti a decifrare ciò che stai guardando".


Oltre al suo ruolo nella visione, si ritiene che l'attivazione della corteccia IT abbia un ruolo nella memoria. la soppressione della ripetizione, la vecchia teoria, fa affidamento sull'idea che c'è una soglia di attivazione che viene attraversata: una maggiore attività neurale dice al cervello che l'immagine è nuova, meno ne indica una vista in precedenza.


Poiché diversi fattori influenzano l'entità totale di attività neurale nella corteccia IT, chiamati anche 'picchi' (spikes), il cervello non può discernere ciò che sta causando nello specifico la reazione. Potrebbe essere la memoria, il contrasto dell'immagine o qualcos'altro tutto diverso, dice Mehrpour. "Proponiamo la nuova idea che il cervello si corregge per i cambiamenti causati da questi fattori diversi, nel nostro caso il contrasto", dice. Dopo tale calibrazione, ciò che rimane è l'attivazione cerebrale isolata per familiarità. In altre parole, il cervello capisce quando sta guardando qualcosa che ha visto in precedenza.

 

Implicazioni a lungo termine

Per trarre questa conclusione, i ricercatori hanno presentato sequenze di immagini in scala di grigi a due macachi rhesus maschi adulti. Ogni immagine è apparsa esattamente due volte, la prima volta come nuova, la seconda volta come familiare, in una serie di combinazioni a contrasto alto e basso. Ogni visione è durata precisamente mezzo secondo. Gli animali sono stati addestrati a usare i movimenti degli occhi per indicare se un'immagine era nuova o familiare, ignorando i livelli di contrasto.


Mentre i macachi eseguivano questo compito di memoria, i ricercatori registravano l'attività neurale nella corteccia IT, misurando i picchi in centinaia di singoli neuroni, un metodo unico che differisce da quelli che misurano ciò che rappresenta l'attività neurale mediata in 10.000 neuroni. Poiché la Rust e i colleghi volevano capire il codice neurale, avevano bisogno di informazioni per singoli neuroni.


Usando un approccio matematico, hanno decifrato i modelli di picchi che rappresentavano come i macachi riuscivano a distinguere la memoria dal contrasto. Questo alla fine ha confermato la loro ipotesi. "La familiarità e il contrasto cambiano il tasso di sparo complessivo [dei neuroni]", afferma la Rust. "Quello che stiamo dicendo è che il cervello può distinguere e isolare uno dall'altro".


In futuro, capire meglio questo processo potrebbe avere applicazioni per l'intelligenza artificiale, dice Mehrpour. "Se sapessimo come il cervello rappresenta e ricostruisce le informazioni nella memoria in presenza di cambiamenti nello stimolo sensoriale come il contrasto, potremmo progettare sistemi AI che funzionano allo stesso modo", dice. "Potremmo potenzialmente costruire macchine che lavorano proprio come il nostro cervello".


Oltre a ciò, la Rust dice che nel tempo i risultati potrebbero avere implicazioni per il trattamento delle malattie che compromettono la memoria come l'Alzheimer. "Comprendendo come funziona la memoria in un cervello sano, è possibile porre le basi per sviluppare prevenzione e trattamenti per i disturbi relativi alla memoria che affliggono una popolazione che invecchia".


Ma perché tutto questo si realizzi, sarà fondamentale continuare a scavare, lei dice. "Per fare ciò correttamente, dobbiamo capire il segnale di memoria che guida il comportamento". Questo lavoro porta i neuroscienziati un po' più vicini all'obiettivo.

 

 

 


Fonte: Michele W. Berger in University of Pennsylvania (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Vahid Mehrpour, Travis Meyer, Eero Simoncelli, Nicole Rust. Pinpointing the neural signatures of single-exposure visual recognition memory. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2021, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Perché è importante la diagnosi precoce di demenza?

31.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Vedere problemi di memoria nel tuo caro anziano può essere davvero spaventoso. Magari no...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Come vivere in modo sicuro con la demenza a casa tua

12.11.2020 | Esperienze & Opinioni

C'è un malinteso comune che la persona con una diagnosi di demenza perde la sua indipend...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023 | Ricerche

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Sempre più giovani con Alzheimer e demenza: colpa delle tossine ambientali, me…

6.05.2020 | Denuncia & advocacy

È abbastanza straziante quando le persone anziane sviluppano condizioni di perdita di me...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Dana Territo: 'La speranza può manifestarsi da molte fonti nella cerchia …

14.01.2025 | Esperienze & Opinioni

Come trovi speranza nel nuovo anno con una diagnosi di Alzheimer?

Avere speranza...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.