Ricercatori del Dementia Centre for Research Collaboration (DCRC) della University of New South Wales di Sydney hanno dimostrato che gli approcci non farmacologici possono non solo ridurre i 'comportamenti e i sintomi psicologici associati alla demenza' (BPSD, behaviours and psychological symptoms associated with dementia), ma sono anche economicamente vantaggiosi.
Il commento, pubblicato su International Psychogeriatrics, mette in evidenza le attuali difficoltà nel sostenere l'uso di questi approcci a lungo termine a causa delle preoccupazioni per i costi e la mancanza di formazione, supporto, tempo e risorse sufficienti in tutto il personale di cura.
La dott.ssa Claire Burley, prima autrice e ricercatrice del DCRC, spiega che l'analisi dei costi associati con i singoli BPSD e la dimostrazione dei vantaggi economici degli approcci non farmacologici sono sempre più comuni nel campo della ricerca. La Burley spiega:
"La nostra più grande sfida sta nell'implementare le evidenze nella pratica. I gestori dell'assistenza e i responsabili delle politiche devono essere informati delle evidenze che dimostrano l'efficacia economica e clinica degli approcci non-farmacologici".
La dott.ssa Burley suggerisce che questa nozione è sempre più preoccupante data l'attuale pandemia COVID-19:
“La contenzione chimica (uso eccessivo di farmaci) è già un problema importante nell'assistenza agli anziani. Ciò è stato evidenziato nel recente rapporto della Commissione Reale sulla qualità dell'assistenza agli anziani del Commonwealth. Sono state espresse preoccupazioni che sia le persone anziane con COVID-19, che quelle con demenza che vivono nelle strutture, vengano sedate per evitare i movimenti e le infezioni incrociate“.
A livello globale, i costi sociali ed economici della demenza sono rapidamente aumentati negli ultimi anni; ciò è legato all'invecchiamento della popolazione e ai BSPD come la depressione, l'agitazione e l'aggressività. Questa ricerca dimostra chiaramente che sono disponibili altre strategie non farmacologiche, efficaci sia clinicamente che economicamente, per ridurre i BPSD.
“Con questa ricerca volevamo particolarmente capire se i benefici economici degli approcci non-farmacologici per la prevenzione e la gestione dei BPSD superano i costi”, spiega la Burley. “Gli approcci non-farmacologici comprendono la cura centrata sulla persona, istruzione e formazione, attività fisica e terapia della musica”.
Per garantire che siano adottate tali disposizioni a lungo termine, è richiesto un cambio di atteggiamento nella pratica della cura, con il supporto dei manager e dei responsabili delle politiche, oltre alla formazione adeguata per il personale di cura.
Il professor Henry Brodaty, coautore, direttore del DCRC e condirettore del Center for Healthy Aging Brain (Cheba), sottolinea che i medici dovrebbero attuare tempestivamente pratiche non farmacologiche, visti i benefici centrati sulla persona e quelli fiscali: "Economicamente, socialmente e clinicamente, è il momento di investire nella prevenzione e in una cura migliore dei comportamenti e dei sintomi psicologici associati alla demenza".
Questa ricerca ha il potenziale di incoraggiare gli operatori sanitari professionali e familiari a fornire approcci non farmacologici di cura ai loro pazienti assistiti e alle persone care colpite dalla demenza. Sarebbero utili ulteriori ricerche che incorporano analisi costi-benefici in studi di intervento e di implementazione, per migliorare questa area e, infine, la qualità della vita delle persone con demenza.
La dott.ssa Burley presenterà la sua ricerca alla Conferenza Internazionale Virtuale dell'Alzheimer's Association (AAIC) in luglio 2020.
Fonte: Heidi Douglass in University of New South Wales (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Claire Burley, Gill Livingston, Martin Knapp, Anders Wimo, Richard Norman, Henry Brodaty. Time to invest in prevention and better care of behaviors and psychological symptoms associated with dementia. International Psychogeriatrics, 31 Mar 2020, DOI
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