Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Perché la stimolazione visiva può funzionare contro l'Alzheimer

left mouse with AD right with visual treatmentA sinistra cervello di topo geneticamente programmato per sviluppare l'Alzheimer. A destra, il cervello trattato con stimolazione visiva non invasiva, che mostra molto meno neurodegenerazione. Fonte: Chinnakkaruppan Adaikkan

Diversi anni fa, neuroscienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno dimostrato di poter ridurre drasticamente le placche di amiloide osservate nei topi con il morbo di Alzheimer (MA) semplicemente esponendo gli animali a uno sfarfallio luminoso a una frequenza specifica.


In un nuovo studio, i ricercatori hanno scoperto che questo trattamento ha effetti diffusi a livello cellulare e aiuta non solo i neuroni ma anche le cellule immunitarie chiamate microglia. Nel complesso, questi effetti riducono l'infiammazione, migliorano la funzione sinaptica e proteggono dalla morte cellulare, nei topi geneticamente programmati per sviluppare il MA.


"Sembra che la neurodegenerazione sia stata ampiamente prevenuta", afferma Li-Huei Tsai, direttrice del Picower Institute for Learning and Memory del MIT e autrice senior dello studio. Chinnakkaruppan Adaikkan, postdottorato del MIT, è il primo autore dello studio, che è apparso online su Neuron il 7 maggio.


I ricercatori hanno anche scoperto che lo sfarfallio di luce potenzia la funzione cognitiva nei topi, che hanno ottenuto risultati migliori nei test di memoria spaziale rispetto ai topi non trattati. Il trattamento ha anche effetti benefici sulla memoria spaziale di topi sani e anziani.

 

 

Onde cerebrali benefiche

Lo studio originale della Tsai sugli effetti dello sfarfallio di luce ha dimostrato che la stimolazione visiva ad una frequenza di 40 hertz (cicli al secondo) induce le onde cerebrali chiamate 'oscillazioni gamma' nella corteccia visiva. Si ritiene che queste onde cerebrali contribuiscano alle funzioni cerebrali normali come l'attenzione e la memoria, e studi precedenti hanno suggerito che sono alterate nei pazienti di MA.


La Tsai e i suoi colleghi hanno poi scoperto che la combinazione di sfarfallio di luce e stimoli sonori (toni di 40-hertz) riduce ulteriormente le placche e ha anche effetti di portata più ampia, estendendosi all'ippocampo e alle parti della corteccia prefrontale. I ricercatori hanno anche trovato benefici cognitivi sia dalle oscillazioni gamma indotte dalla luce che dal suono.


Nel nuovo studio, i ricercatori volevano approfondire il modo in cui questi effetti benefici si presentano. Si sono concentrati su due diversi ceppi di topi geneticamente programmati per sviluppare i sintomi di MA. Uno (Tau P301S9) ha una versione mutata della proteina Tau, che forma grovigli neurofibrillari come quelli visti nei pazienti di MA. L'altro (CK-p25) può essere indotto a produrre una proteina chiamata p25, che provoca una grave neurodegenerazione.


Entrambi questi modelli mostrano una perdita di neuroni molto maggiore rispetto al modello che hanno usato per lo studio originale di luce lampeggiante, dice la Tsai.


I ricercatori hanno scoperto che la stimolazione visiva, somministrata un'ora al giorno per 3-6 settimane, ha effetti drastici sulla degenerazione dei neuroni. Hanno iniziato i trattamenti poco prima dell'inizio della degenerazione, in entrambi i tipi di modelli di MA.


Dopo tre settimane di trattamento, i topi Tau P301S non hanno mostrato alcuna degenerazione nei neuroni, mentre quelli simili non trattati hanno perso il 15-20% dei neuroni. La neurodegenerazione è stata prevenuta anche nei topi CK-p25, che sono stati trattati per sei settimane.


"Lavoro con la proteina p25 da oltre 20 anni, e so che è molto neurotossica. Abbiamo trovato che i livelli di espressione del transgene p25 sono esattamente gli stessi nei topi trattati e in quelli non trattati, ma non c'è neurodegenerazione nei topi trattati", dice la Tsai. "Non ho visto niente del genere prima. È molto scioccante".


I ricercatori hanno anche scoperto che i topi trattati hanno ottenuto risultati migliori in un test di memoria spaziale chiamato Morris water maze. Curiosamente, hanno anche scoperto che il trattamento ha migliorato le prestazioni dei topi più anziani che non avevano una predisposizione per il MA, ma non dei topi sani e giovani.

 

 

Cambiamenti genetici

Per cercare di capire cosa accade a livello cellulare, i ricercatori hanno analizzato i cambiamenti nell'espressione genica che sono avvenuti nei topi trattati e non trattati, sia nei neuroni che nelle microglia, le cellule immunitarie responsabili della rimozione dei detriti dal cervello.


Nei neuroni dei topi non trattati, i ricercatori hanno visto un calo nell'espressione di geni associati alla riparazione del DNA, alla funzione sinaptica e a un processo cellulare chiamato 'traffico di vescicole', che è importante per il corretto funzionamento delle sinapsi.


Invece i topi trattati mostravano un'espressione molto più alta di quei geni rispetto ai topi non trattati. In questi ultimi i ricercatori hanno anche trovato un maggior numero di sinapsi, nonché un maggior grado di coerenza (una misura della sincronia dell'onda cerebrale tra le diverse parti del cervello).


Nell'analisi delle microglia, i ricercatori hanno scoperto che le cellule nei topi non trattati esprimevano i geni che promuovono l'infiammazione, al contrario dei topi trattati che ne mostravano una notevole diminuzione, insieme a un potenziamento dei geni associati alla motilità.


Questo suggerisce che, nei topi trattati, le microglia potrebbero fare un lavoro migliore per combattere l'infiammazione ed eliminare le molecole che potrebbero portare alla formazione di placche amiloidi e di grovigli neurofibrillari, dicono i ricercatori. Hanno anche trovato livelli più bassi della versione della proteina Tau che tende a formare grovigli.


Una domanda chiave senza risposta, su cui i ricercatori stanno ora indagando, è il modo in cui le oscillazioni gamma attivano tutte queste misure protettive, dice la Tsai:

"Molte persone mi hanno chiesto se le microglia sono il tipo di cellula più importante in questo effetto benefico, ma per essere sinceri, davvero non lo sappiamo.

"Dopo tutto, le oscillazioni iniziano dai neuroni, e mi piace ancora pensare che siano i regolatori principali. Penso che l'oscillazione stessa debba innescare alcuni eventi intracellulari, proprio dentro i neuroni, che in qualche modo li proteggono".


I ricercatori hanno anche in programma di testare il trattamento nei topi con sintomi più avanzati, per vedere se la degenerazione neuronale può essere invertita dopo l'inizio. Hanno anche iniziato gli studi clinici di fase 1 sulla stimolazione della luce e del suono nei pazienti umani.

 

 

 


Fonte: Anne Trafton in MIT (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Chinnakkaruppan Adaikkan, Steven J. Middleton, Asaf Marco, Ping-Chieh Pao, Hansruedi Mathys, David Nam-Woo Kim, Fan Gao, Jennie Z. Young, Ho-Jun Suk, Edward S. Boyden, Thomas J. McHugh, Li-Huei Tsai. Gamma Entrainment Binds Higher-Order Brain Regions and Offers Neuroprotection. Neuron, 7 May 2019, DOI: 10.1016/j.neuron.2019.04.011

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Marito riferisce un miglioramento 'miracoloso' della moglie con Alzh…

28.09.2018 | Annunci & info

Una donna di Waikato (Nuova Zelanda) potrebbe essere la prima persona al mondo a miglior...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

29.05.2015 | Ricerche

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cel...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)