Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


L'impianto cerebrale può trattare l'Alzheimer? Potrebbe essere solo placebo

Due fili sottili impiantati nel cervello possono aiutare a trattare il morbo di Alzheimer (MA) erogando corrente elettrica. Nel primo test di questa tecnica fatto sugli esseri umani, due delle tre persone che hanno ricevuto il trattamento hanno mostrato un minore declino delle loro capacità mentali rispetto alle persone in una fase simile della malattia che non hanno avuto l'intervento chirurgico.


Tuttavia, è necessario uno studio con controllo randomizzato più ampio per sapere se il trattamento funziona davvero.


La tecnica usata è chiamata «Stimolazione Cerebrale Profonda» (SCP) ed è già usata per trattare i tremori e i problemi di movimento di alcune persone con Parkinson grave. Oltre ai fili inseriti chirurgicamente nel cervello, il paziente riceve anche un alimentatore per questi fili, impiantato sotto la pelle vicino alle ossa del collo.


A seconda della corrente, i fili possono aumentare l'attività nelle cellule cerebrali vicine o ridurla. Nel Parkinson, sono usati per ridurre l'attivazione eccessiva di gruppi specifici di cellule nervose che controllano il movimento.


L'MA, tuttavia, è un obiettivo meno ovvio per un tale trattamento, perché è tuttora sconosciuto ciò che causa questa forma di demenza. C'è già stata una piccola sperimentazione della stimolazione cerebrale usando fili inseriti nei centri della memoria del cervello, ma questo non ha aiutato le persone con questa condizione.


Douglas Scharre della Ohio State University voleva mirare a un altro aspetto dell'MA: la perdita di capacità di risoluzione dei problemi e di capacità decisionale. "Nell'MA tutti pensano alla memoria, ma se i pazienti riescono a capire come fare cose come preparare il pranzo, o a mettersi i calzini prima delle scarpe, questo potrebbe davvero aiutare i caregiver".

 

Raro miglioramento

Il suo team mirava a stimolare un fascio di fibre nervose chiamato 'capsula ventrale / striato ventrale', che va dalla parte anteriore del cervello (coinvolta nella risoluzione dei problemi) fino alle regioni più interne.


Hanno messo i fili in tre persone con MA di stadio iniziale, che all'inizio dello studio avevano un punteggio di 4 o 5 su una scala di valutazione dei sintomi da 0 a 18. In circa due anni il loro punteggio è salito di circa 3 punti, un segno che la loro condizione era leggermente peggiorata. In confronto, altri 96 pazienti con MA, della stessa età e stadio della malattia, sono aumentati fino a 6 punti.


Una persona dell'esperimento ha addirittura riacquistato la capacità di preparare pasti semplici, dice suo marito, nonostante l'aumento del suo punteggio di gravità generale. "È piuttosto raro", dice Scharre. "Di solito se perdi un'abilità non torni indietro".

 

La cautela è necessaria

Ma tali miglioramenti potrebbero non essere stati reali, o causati dal trattamento, perché l'esperimento non era randomizzato o cieco. Ad esempio, i medici potrebbero aver involontariamente scelto le persone per l'intervento chirurgico che sembravano in grado di declinare più lentamente, oppure le persone che hanno avuto l'impianto potrebbero essere migliorate grazie all'effetto placebo.


"È troppo presto ancora per avere una qualche speranza"
, afferma Carol Routledge di Alzheimer's Research UK.


Un altro motivo di cautela è che, quando la stimolazione cerebrale è stata provata per la prima volta nell'Alzheimer, nei centri della memoria del cervello, inizialmente un piccolo esperimento ha suggerito che funzionava, ma solo per deludere in un test più grande.

 

 

 


Fonte: Clare Wilson in New Scientist (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Douglas W. Scharre, Emily Weichart, Dylan Nielson, Jun Zhang, Punit Agrawal, Per B. Sederberg, Michael V. Knopp, Ali R. Rezai, for the Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative. Deep Brain Stimulation of Frontal Lobe Networks to Treat Alzheimer’s Disease. Journal of Alzheimer's Disease, published: 30 Jan 2018. DOI: 10.3233/JAD-170082

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)