Tre nuove varianti di geni, trovate da uno studio di ampia associazione genetica dell'Alzheimer (AD), puntano alle cellule immunitarie del cervello per l'insorgenza del morbo.
Questi geni codificano tre proteine che si trovano nelle microglia, le cellule che fanno parte del sistema di risposta ai danni del cervello.
Lo studio è una collaborazione internazionale di quattro consorzi di ricerca per AD che hanno analizzato il DNA da 85.000 soggetti. I risultati sono riportati online questa settimana in Nature Genetics.
Studi di questo tipo si concentrano sull'identificazione di nuovi bersagli terapeutici per il trattamento o la prevenzione dell'AD, obiettivo dei ricercatori a livello mondiale. La variante genetica del tipo descritto in questo documento riguarda 'esperimenti della natura', ordinari, che rivelano che, quando un gene specifico viene alterato, il rischio di malattia può essere influenzato.
"Questa è la prova diretta che riuscendo a progettare farmaci per puntare queste proteine, avremmo la possibilità di alterare il rischio di malattia nelle persone", ha dichiarato l'autore senior Gerard Schellenberg PhD, professore di patologia e medicina di laboratorio e direttore dell'Alzheimer Disease Genetics Consortium (ADGC) dell'Università della Pennsylvania. "Sappiamo da decenni che la microglia, cellula prima linea di difesa con cui siamo nati, circonda i depositi di placca amiloide associati all'Alzheimer. Questi geni multipli che derivano dalle microglia sono la dimostrazione più chiara che queste cellule fanno parte della patologia di Alzheimer e, soprattutto, forniscono chiari obiettivi proteici su cui possiamo iniziare ad intervenire con farmaci".
L'ADGC, supportato dall'Istituto Nazionale Invecchiamento (NIA), è uno dei quattro consorzi dell'International Genomics of Alzheimer's Project presenti in questo studio. Gli altri sono le Cohorts for Heart and Aging in Genomic Epidemiology (CHARGE), la European Alzheimer’s Disease Initiative (EADI), e il Genetic and Environmental Risk in Alzheimer’s Disease (GERAD).
Le varianti trovate dal team (PLCG2, ABI3 e TREM2) sono tutte mutazioni codificanti proteine nei geni, altamente espresse nelle microglia e fanno parte di una rete proteica delle cellule immunitarie in cui vari componenti contribuiscono al rischio di AD. Uno dei geni (PLCG2) è un enzima che è un potenziale obiettivo di farmaci.
Rimangono domande cruciali sul modo in cui la microglia dovrebbe essere mirata e se la risposta del danno dovrebbe essere inibita o attivata e in quale fase della malattia. "Dato che la prevenzione è un obiettivo fondamentale della terapia, deve essere esplorato il modo di influenzare le cellule microgliali prima dell'inizio dei cambiamenti cognitivi", ha detto Schellenberg.
Le tre varianti individuate sono abbastanza rare e lui accredita il successo della scoperta al suo studio a tre stadi. Nella prima fase sono state sequenziate tutte le regioni codificanti proteine di 34.290 campioni. Nella seconda e terza fase, il team ha ulteriormente affinato le sequenze di varianti e ha verificato i successi significativi nei campioni non testati dei pazienti affetti da AD.
"I nostri risultati mostrano che le microglia e il sistema immunitario innato, tramite le microglia, contribuiscono direttamente alla suscettibilità dell'Alzheimer a tarda insorgenza, e non sono solo una conseguenza del danno al cervello", conclude Schellenberg.
Fonte: University of Pennsylvania (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Amanda Kuzma, Otto Valladares, Liming Qu, Yi Zhao, John Malamon, Beth Dombroski, Laura B. Cantwell, Adam C. Naj, Steven D. Arnold, John Q. Trojanowski, Vivianna M. Van Deerlin, Li-San Wang, Richard Mayeux, Margaret Pericak-Vance, Lindsay Farrer, Jonathan Haines, Gerard Schellenberg. Nature Genetics [titolo e altre info non disponibili al momento della pubblicazione].
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