Donald Tenbrunsel ha 89 anni, ma ha le stesse probabilità di parlare con te di Chance the Rapper come di rievocare Frank Sinatra.
Il conversatore altamente impegnato e piacevole, che legge, fa volontariato e fa ricerche su vari argomenti su Internet di routine, partecipa a un nuovo studio della Northwestern Medicine, un percorso innovativo che dimostra che il cervello dei SuperAger (persone che invecchiano meglio) si restringe molto più lentamente rispetto ai coetanei, con una maggiore resistenza alla perdita "tipica" di memoria e alla demenza.
Nei 18 mesi dello studio, le persone che invecchiano normalmente hanno perso il volume della corteccia con una velocità più che doppia dei SuperAger, un gruppo raro di over 80 i cui ricordi sono acuti come quelli di persone sane più giovani di decenni.
"L'aumento dell'età è spesso accompagnata da un declino cognitivo 'tipico' o, in alcuni casi, da un declino cognitivo più grave chiamato demenza", ha detto la prima autrice Amanda Cook, studente di dottorato in neuropsicologia clinica del laboratorio di Emily Rogalski e Sandra Weintraub. "I SuperAger suggeriscono che il declino cognitivo legato all'età non è inevitabile".
Lo studio è stato pubblicato ieri, 4 aprile 2017, su JAMA e l'autrice senior Emily Rogalski presenterà i risultati al Vertice sull'Invecchiamento Cognitivo 2017 a Bethesda nel Maryland, il 6 aprile.
Il SuperAger Tenbrunsel, che vive con la famiglia di sua figlia, vuole essere un buon conversatore con i suoi tre nipoti. "Devo adattarmi a quel tipo di vita", ha detto Tenbrunsel. "Loro non sanno molto di Frank Sinatra o Franklin Delano Roosevelt, quindi devo continuare a dire «é Chance the Rapper che arriva questa settimana o è Taylor Swift?»"
I ricercatori sapevano già che il cervello dei SuperAger tende a mantenere più volume del cervello e in genere non mostra la stessa usura e lacerazione di chi invecchia normalmente. "Per questo studio abbiamo cercato di capire se il cervello dei SuperAger è su una traiettoria diversa di declino", ha detto la Rogalski, professoressa associata del Cognitive Neurology and Alzheimer's Disease Center alla Northwestern University. "Abbiamo scoperto che i SuperAger sono resistenti al tasso normale di declino che vediamo in media negli anziani, e riescono a trovare un equilibrio tra durata della vita e durata della salute, vivendo veramente bene e godendosi i loro ultimi anni di vita".
Gli scienziati hanno misurato con la risonanza magnetica (MRI) a distanza di 18 mesi lo spessore della corteccia di 24 SuperAger e 12 coetanei normali in termini di istruzione e cognizione media (gruppo di controllo) per determinare la salute approssimativa del cervello. Il declino annuale dello spessore tra la prima e la seconda visita è stato del 1.06% per i SuperAger e del 2.24% per il gruppo di controllo.
Ricerche precedenti avevano dimostrato che i SuperAger hanno una corteccia più spessa rispetto a quelli che invecchiano normalmente. Studiando ciò che rende unici i SuperAger, gli scienziati hanno detto che sperano di svelare i fattori biologici (come ad esempio l'atrofia cerebrale corticale ridotta dimostrata qui) che potrebbero contribuire al mantenimento della capacità di memoria in età avanzata.
Lo studio sui SuperAger della Northwestern costituisce una svolta nella ricerca di Alzheimer, passando dall'approccio tradizionale che si concentra su cervelli poco efficienti, per concentrandosi invece sui cervelli più performanti.
"A volte è utile girare sottosopra un problema complesso e guardarlo da un altro punto di vista", ha detto la Rogalski. "Il programma SuperAging studia le persone alla parte opposta dello spettro: quelli con prestazioni inaspettatamente elevate di memoria per la loro età".
Fonte: Kristin Samuelson in Northwestern University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Amanda H. Cook, Jaiashre Sridhar, Daniel Ohm, Alfred Rademaker, M.-Marsel Mesulam, Sandra Weintraub, Emily Rogalski. Rates of Cortical Atrophy in Adults 80 Years and Older With Superior vs Average Episodic Memory. JAMA. 2017;317(13):1373-1375. doi: 10.1001/jama.2017.0627
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