Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


I danni provocati al cervello dall'Alzheimer possono essere riparati?

Nel mio recente articolo su Stanford Medicine a proposito della ricerca di Alzheimer (Rethinking Alzheimer's, Ripensare l'Alzheimer), ho elencato i vari approcci innovativi degli scienziati di Stanford per mordere l'Alzheimer sul nascere, scoprendo che cosa è andato storto a livello molecolare molto prima che si manifestino i sintomi più evidenti della malattia.


Ma il neuroscienziato Frank Longo MD/PhD della Stanford, clinico praticante e ricercatore, ha un'altra preoccupazione. Nel mio articolo, l'ho citato mentre diceva: "Anche se riuscissimo a fermare i nuovi casi di Alzheimer nel percorso, ci saranno sempre pazienti che vengono in clinica con sintomi già gravi. E non credo che dovrebbero essere dimenticati".


Uno studio condotto da Longo e dai suoi colleghi, che è stato pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease, affronta questo problema. Longo ha aperto la strada allo sviluppo di farmaci di piccole molecole che potrebbero ripristinare le cellule nervose logorate da condizioni come l'Alzheimer.


Con la medicina giusta si può impedire che le cellule nervose in pericolo facciano una brutta fine. Fortunatamente, il cervello (come molti altri organi del corpo) produce una serie di propri farmaci, compresi quelli chiamati «fattori di crescita». Ma questi fattori di crescita sono così grandi che non possono attraversare facilmente la barriera emato-encefalica.


Perciò la comunità scientifica/medica non può semplicemente sintetizzarli, inserirli in un'arteria del braccio di un paziente e farli migrare al sito della lesione cerebrale o della degenerazione, e riparare il danno. Inoltre, i fattori di crescita possono influenzare le cellule nervose danneggiate in diversi modi, non sempre benigni.


Lo studio del gruppo di Longo ha dimostrato (almeno nei topi) che un farmaco a piccola molecola che mima il fattore di crescita (chiamato al momento col nome poco romantico di LM11A-31) potrebbe contrastare una serie di importanti meccanismi degenerativi dell'Alzheimer, in particolare la perdita dei contatti estremamente importanti (chiamati sinapsi) con cui le cellule nervose trasmettono i segnali tra di loro.


Le sinapsi sono le articolazioni instancabili che collegano insieme la circuiteria nervosa del cervello. In risposta alla nostra esperienza, le sinapsi continuamente si estendono in avanti, si ampliano e si rafforzano, si accorciano e si indeboliscono, e spariscono. Esse sono cruciali per la memoria, il pensiero, l'apprendimento e per sognare ad occhi aperti, per non parlare delle emozioni e del movimento.


Quindi la loro perdita massiccia - che nel caso dell'Alzheimer è una caratteristica che lo definisce - è devastante.


Oltre a riparare le cellule nervose, il composto sembra anche in grado di esercitare un effetto calmante sugli astrociti e sulle microglia arrabbiate, altri due tipi di cellule nel cervello che, quando sono in collera, possono produrre infiammazione e danni ai tessuti di quell'organo. Forse la cosa più promettente di tutte dell'LM11A-31 è che sembra aiutare i topi a ricordare dove sono le cose e quali sgradevoli evitare.

 

 

 


Fonte: Bruce Goldman in Scopeblog.stanford.edu (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Danielle A. Simmons, Juliet K. Knowles, Nadia P. Belichenko, Gargi Banerjee, Carly Finkle, Stephen M. Massa, Frank M. Longo. A Small Molecule p75NTR Ligand, LM11A-31, Reverses Cholinergic Neurite Dystrophy in Alzheimer's Disease Mouse Models with Mid- to Late-Stage Disease Progression. Plos One, Published: 25Aug2014, DOI: 10.1371/journal.pone.0102136

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Marito riferisce un miglioramento 'miracoloso' della moglie con Alzh…

28.09.2018 | Annunci & info

Una donna di Waikato (Nuova Zelanda) potrebbe essere la prima persona al mondo a miglior...

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheime…

1.10.2014 | Ricerche

La paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.