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Il medico di famiglia: la base da cui partire e l’importanza di essere ascoltati

La novità più rilevante del Caffè pedemontano 2015 riguarda la presenza, per la prima volta, di un medico di famiglia come relatore.


Dall’intervento del dr. Massimo Pisciotta, che svolge la sua attività nel Comune di Riese Pio X ed è membro del Comitato Scientifico dell’Associazione Alzheimer di Riese Pio X, i familiari hanno potuto ricevere alcune delucidazioni circa quello che è (o che dovrebbe essere) il ruolo del medico di famiglia nelle patologie dementigene.


L’assunto di base dell’incontro è quello che il medico di famiglia è (o dovrebbe essere) la prima figura professionale ad essere coinvolta nel riconoscimento e nella valutazione di comportamenti anomali che possono essere ricondotti ad un decadimento cognitivo, essendo in diretto contatto con il paziente e con i suoi familiari. Questa condizione, ha sottolineato il dr. Pisciotta, permette ai medici di famiglia di salvaguardare il diritto del cittadino di essere ascoltato e di ricevere una diagnosi il più precocemente possibile.


Il Medico di Famiglia è quindi chiamato a svolgere alcune funzioni fondamentali:

  • porre il sospetto diagnostico, cioè:
  1. verificare la presenza o meno di deficit cognitivi attraverso una checklist di domande volte ad indagare tali deficit, eventualmente utilizzando (su base volontaria) anche semplici strumenti di valutazione cognitiva quali il MMSE (Mini Mental State Examination);
  2. ricondurre il/i deficit cognitivi riscontrati nell’ambito delle sindromi demenziali facendo riferimento ai criteri diagnostici adottati dalla comunità scientifica internazionale per porre il sospetto diagnostico di demenza (criteri del DSM V per le sindromi demenziali).

Una volta accertata la diagnosi, il medico di famiglia dovrebbe:

  • monitorare i trattamenti farmacologici e non farmacologici, avvalendosi della consulenza del Centro di Decadimento Cognitivo (CDC) della propria azienda sanitaria;
  • orientare i familiari nella rete di supporto per le demenze;
  • indirizzare i famigliari agli psicologi presenti nei CDC, per poter dare maggiori informazioni circa la malattia e, ove necessario, supporto psicologico al familiare.

 

Grazie ad un intervento tempestivo del medico, quindi, la famiglia potrà essere informata, orientata, indirizzata e sostenuta rispetto a molte tematiche:

  1. corretta somministrazione dei farmaci;
  2. servizi esistenti (loro ruolo, modalità operative, funzione …);
  3. modalità di attivazione dei servizi della rete;
  4. problemi di gestione dei disturbi comportamentali del malato.

Dal confronto tra familiari e operatori presenti al Caffè è però emersa la difficoltà di relazione con i medici di famiglia (non tutti) ed il loro scarso coinvolgimento nella rete di supporto per le demenze; il nodo debole della catena sembra essere ancora troppo spesso rappresentato dalla loro scarsa attivazione e collaborazione con la rete già attiva nel territorio della nostra ULSS 8.


In merito a quest’ultima affermazione, il dr. Pisciotta ha spiegato ai presenti che il Comitato Scientifico dell’Associazione Alzheimer di Riese Pio X sta facendo la sua parte per garantire che i diritti delle persone con demenza e dei loro familiari vengano rispettati; nello specifico ha parlato degli incontri che sono stati organizzati per i medici di famiglia, per informarli e coinvolgerli nella rete di supporto.


La speranza dei familiari è quella di poter avere più medici di famiglia che si dimostrino sensibili ed attenti al problema demenza, pronti ad ascoltare e ad indirizzare i familiari, spesso provati ed impotenti di fronte alla malattia del proprio caro.

 

 

Dr.ssa Elisa Civiero (Psicologo)

Dr.ssa Valentina Tessarolo (Psicologo)

 

 

 

 

 


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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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