Dopo l'introduzione della terapia antiretrovirale di combinazione (cART) a metà degli anni '90, l'aspettativa di vita dei pazienti di HIV è notevolmente migliorata.
Come risultato, le complicanze a lungo termine stanno diventando sempre più rilevanti: quasi ogni secondo un paziente di HIV è affetto da disturbi neurocognitivi, che possono portare alla demenza. Non si è ancora capito del tutto come insorgono questi disturbi.
Ricercatori di Bochum (Germania) hanno ora identificato con successo i meccanismi con cui le cellule infettate possono attivare delle cellule immunitarie specifiche nel cervello, che successivamente mostrano comportamenti dannosi e portano alla distruzione dei neuroni.
Questi risultati possono aiutare a sviluppare dei biomarcatori per identificare i pazienti a rischio e rendere possibile una strategia terapeutica a lungo termine. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista specializzata Experimental Neurology.
I sospetti sulle cellule immunitarie nel cervello
I "Disturbi Neurocognitivi Associati a HIV" (HAND - HIV-Associated Neurocognitive Disorders) comprendono disturbi delle funzioni cognitive, delle capacità motorie, e cambiamenti comportamentali. Come nascano esattamente gli HAND non è ancora chiaro. "Gli scienziati presumono che l'HIV sia dannoso direttamente per le cellule e ciò comporta anche meccanismi indiretti che portano a danni delle cellule nervose", spiega il dottor Simon Faissner (Clinica RUB di neurologia, St. Josef-Hospital).
I ricercatori sospettano con forza che, una volta attivate nel cervello e nel midollo spinale, le cellule immunitarie mantengono un livello cronico di infiammazione, che poi si traduce nella distruzione delle cellule nervose. L'attivazione immunitaria nei tessuti periferici, come pure le conseguenze terapeutiche, possono contribuire altresì ai danni delle cellule nervose nel cervello.
I primi passi dell'infezione da HIV sono sufficienti
Il virus HI supera la barriera emato-encefalica facendosi trasportare dalle cellule immunitarie infette, i monociti e probabilmente le cellule T. I ricercatori di Bochum hanno verificato l'ipotesi che i monociti infettati da HIV attivino delle cellule immunitarie specifiche del cervello, le cosiddette cellule microgliali.
Queste cellule, a loro volta, rispondono rilasciando sostanze nocive, come i metaboliti reattivi dell'ossigeno e le molecole di segnalazione, ossia le citochine infiammatorie. Per verificare questa ipotesi, i ricercatori hanno sviluppato un sistema di coltura cellulare dove hanno inizialmente esaminato l'effetto dei monociti infetti da HIV nelle cellule microgliali. I ricercatori hanno simulato le singole fasi dell'infezione da HIV e hanno misurato la concentrazione delle citochine rilasciate in ciascuna fase.
Sono così riusciti a dimostrare che il rilascio dell'RNA virale nei monociti è uno scatenante sufficiente per l'attivazione massima delle microglia. Le fasi successive di infezione - trascrizione inversa nel DNA e la conseguente formazione di proteine dell'HIV - non ha aumentato ulteriormente l'attivazione.
Le sostanze rilasciate uccidono le cellule neuronali
Nella seconda fase, hanno analizzato le cellule nervose del cervello di ratto per determinare se le sostanze rilasciate dalle cellule microgliali possono portare alla morte cellulare. Rispetto al gruppo di controllo, la quantità di morte cellulare era effettivamente doppia. Studi sul liquido cerebrospinale ricevuto da pazienti infetti da HIV hanno mostrato una correlazione positiva con l'indicatore della degenerazione neuronale nei pazienti che non avevano hanno esibito alcun disturbo neurocognitivo.
Capire in dettaglio per formulare strategie terapeutiche
"Grazie alla nostra ricerca, abbiamo acquisito una migliore comprensione dei meccanismi della neurodegenerazione associata all'HIV", conclude il Prof. Dr. Andrew Chan. "Questi risultati possono contribuire a sviluppare biomarcatori HAND. A lungo termine, questi dati possono essere usati per sviluppare strategie terapeutiche volte a ritardare la progressione degli HAND nei pazienti affetti da HIV". Tra i punti di partenza ci può essere l'attivazione delle cellule microgliali, un metodo che viene applicato in altre malattie autoimmuni del sistema nervoso centrale, per esempio nella sclerosi multipla.
Nuove iniziative imprenditoriali rese possibili da fondi FoRUM
La ricerca, avviata a seguito di una collaborazione tra le cliniche di neurologia e dermatologia, il St. Josef Hospital, e il Dipartimento di Medicina Molecolare e Virologia, è stata resa possibile dal finanziamento di start-up fornito dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia della Ruhr- Universität (FoRUM).
La collaborazione si è evoluta in un consorzio internazionale di cliniche e istituti di ricerca di Bochum, Langen, Strasburgo e Milano. Uno degli obiettivi dello studio di follow-up, per il quale è attiva una domanda di fondi alla UE , sarà l'analisi approfondita dei processi infiammatori nel sistema nervoso centrale. I ricercatori cercheranno di inibire i processi infiammatori con farmaci differenti. Hanno anche in programma di studiare l'interazione diretta cellula-cellula mediante microscopie di ultima generazione, in collaborazione con l'Università di Strasburgo.
Fonte: Ruhr-Universitaet-Bochum (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Simon Faissner, Björn Ambrosius, irsten Schanzmann, Bastian Grewe, Anja Potthoff, Jan Münch, Ulrich Sure, Thomas Gramberg, Sabine Wittmann, Norbert Brockmeyer, Klaus Überla, Ralf Gold, Thomas Grunwald, Andrew Chan. Cytoplasmic HIV-RNA in monocytes determines microglial activation and neuronal cell death in HIV-associated neurodegeneration. Experimental Neurology, 2014; DOI: 10.1016/j.expneurol.2014.08.011
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