In uno studio che ha coinvolto persone sane di 65-85 anni ma che possiedono un gene a elevato rischio per l'Alzheimer, coloro che si esercitavano fisicamente con regolarità hanno dimostrato di avere una maggiore attività cerebrale nelle aree relative alla memoria rispetto ai sedentari.
I risultati suggeriscono che l'attività fisica promuove cambiamenti nel cervello che possono proteggere gli individui ad alto rischio contro il declino cognitivo, compreso lo sviluppo della malattia di Alzheimer, secondo un nuovo studio svolto presso la University of Wisconsin-Milwaukee (UWM).
J. Carson Smith, an assistant professor of health sciences, included in the study both people who carry a high-risk gene for Alzheimer's disease, and other healthy older adults without the gene. J. Carson Smith, un professore assistente di scienze sanitarie, ha incluso nello studio, sia persone che portano un gene ad alto rischio per l'Alzheimer, sia altri adulti sani di età superiore senza il gene.
"Il nostro studio suggerisce che, se siete a rischio genetico per la malattia di Alzheimer, i benefici dell'esercizio fisico nella funzionalità del cervello potrebbero essere ancora maggiori rispetto a coloro che non hanno lo stesso rischio genetico", spiega Smith. "Mentre ci sono già le prove che l'attività fisica è associata al mantenimento della funzione cognitiva attraverso l'intero ciclo di vita, la maggior parte di queste ricerche è stata fatta su persone sane, senza alcuna considerazione della loro livello di rischio per l'Alzheimer."
Un team di ricercatori hanno confrontato l'attivazione cerebrale durante l'elaborazione della memoria in quattro gruppi distinti di persone sano da 65 a 85 anni di età. Il livello di rischio è stata definito in base a chi possedeva l'allele apolipoproteina E-epsilon4 (APOE-ε4). Lo stato di attività fisica è stato definito dalla quantità a frequenza dell'attività fisica (PA). Lo studio ha diviso i soggetti in basso rischio / bassa PA, a basso rischio / alto PA, ad alto rischio / bassa PA e ad alto rischio / alto PA.
E' stata usata la risonanza magnetica funzionale (fMRI), per misurare l'attivazione del cervello dei partecipanti, mentre effettuavano un lavoro mentale di differenziazione di persone famose. Questo test è molto utile, dice Smith, perché coinvolge una vasta rete chiamata il sistema semantico di memoria, con l'attivazione che si verifica in 15 diverse regioni funzionali del cervello. "Quando una persona pensa ad altri (per esempio a Frank Sinatra o a Lady Gaga), questo coinvolge diversi lobi del cervello", spiega Smith.
Nei gruppi in analisi di coloro che possiedono il gene, le persone che facevano eserciìzio fisico, hanno dimostrato una maggiore attività del cervello nelle regioni relative alla memoria, di coloro che erano sedentarie.
Ancora più intrigante, le persone fisicamente attive con il gene avevano una attività cerebrale superiore a quelli che erano fisicamente attivi, ma non portatori del gene. "Per esempio, le persone con questa maggiore attivazione potrebbero compensare qualche evento neurologico sottostante che è coinvolto nel declino cognitivo .." "L'utilizzo di più aree del loro cervello, può servire come una protezione, anche in presenza dei processi di malattia."
Le istituzioni che collaborano allo studio includono la Cleveland Clinic, Marquette University, Wayne State University e Rosalind Franklin University of Medicine and Science. E 'stato finanziato dal National Institutes of Health e del National Institute on Aging. Lo studio sarà pubblicato sulla rivista NeuroImage.
L'attuale ricerca di Smith si basa su questo studio. Lui e il suo team stanno conducendo uno nuovo studio testando gli effetti "prima e dopo" di un programma di esercizi strutturato sulla funzione cerebrale. Lo studio comprende pazienti con diagnosi di decadimento cognitivo lieve o all'inizio della malattia di Alzheimer, così come un gruppo di controllo sano.
Ulteriori informazioni su questo studio su http://www.exerciseforbrainhealth.com/.
Nota del redattore: Questo articolo non è destinato a fornire consigli medici, diagnosi o terapia.
Fonte: Materiali forniti dalla University of Wisconsin - Milwaukee, via EurekAlert!, un servizio di AAAS.
ScienceDaily, 18 novembre 2010