Molte persone sviluppano la depressione nelle ultime fasi della vita, ma fino ad ora i medici non avevano idea che questo potrebbe indicare l'accumulo di una proteina presente naturalmente nel cervello, chiamata amiloide-beta, una caratteristica dell'Alzheimer.
In realtà, la depressione a fine vita potrebbe diventare un importante fattore di rischio per sviluppare l'Alzheimer più velocemente di altri, secondo la ricerca presentata all'«Annual Meeting 2014» della Society of Nuclear Medicine and Molecular Imaging.
L'Alzheimer è una malattia neurodegenerativa attualmente incurabile con aggregati marcati di proteine tra cui l'amiloide-beta e la tau. La malattia inizia a svilupparsi anni prima che si noti il declino cognitivo e la perdita di memoria.
La depressione ha dimostrato di avere i suoi effetti neurodegenerativi sul cervello, ma qui i ricercatori hanno trovato un collegamento innegabile tra l'amiloide-beta nei pazienti anziani depressi con deficit cognitivi e che procedono verso l'Alzheimer. Essi sono riusciti a dimostrarlo usando dati di scansioni molecolari presi da un database globale di immagini di demenza.
"Questi risultati indicano chiaramente che i soggetti con deterioramento cognitivo lieve e sintomi depressivi soffrono di livelli più elevati di amiloide in confronto ai soggetti non depressi", ha detto lo scienziato principale dello studio Axel Rominger, MD, del dipartimento di medicina nucleare dell'Università di Monaco di Baviera in Germania. "La combinazione di elevati livelli di amiloide e di sintomi depressivi coesistenti forma una popolazione di pazienti con un alto rischio di progressione più rapida all'Alzheimer".
Lo studio ha coinvolto 371 pazienti con decadimento cognitivo lieve che hanno avuto scansioni PET con il radiotracciante F-18 florbetapir e la risonanza magnetica (MRI), scelti retrospettivamente nel database «Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative» (ADNI), che include i dati di almeno 55 centri di ricerca di tutti gli Stati Uniti e del Canada, ora disponibili a più di 2.500 ricercatori in tutto il mondo.
I risultati dimostrano che i pazienti con lieve deterioramento cognitivo e sintomi depressivi hanno una maggiore deposizione di amiloide rispetto ai controlli non depressi, come indicato dal legame del radiotracciante dell'amiloide, in particolare nella corteccia frontale e anteriore e nella circonvoluzione cingolata posteriore del cervello, entrambi coinvolti nei disturbi dell'umore come la depressione.
"Le opzioni terapeutiche per l'Alzheimer sono ancora limitate e quindi identificare e capire i fattori di rischio che influenzano la malattia è cruciale nella ricerca attuale, in quanto offre la possibilità di un futuro intervento medico", ha detto il co-autore e collega ricercatore Matthias Brendel. Inoltre, conoscere il rischio potrebbe aiutare i pazienti nelle modifiche necessarie dello stile di vita e a preparare le loro famiglie.
L'Alzheimer è la forma più diffusa di demenza. Si stima che 44,4 milioni di persone siano affette da demenza in tutto il mondo. Questo numero è destinato ad aumentare a circa 75,6 milioni nel 2030 e a 135,5 milioni nel 2050, secondo i dati 2013 di Alzheimer's Disease International.
Fonte: Society of Nuclear Medicine (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Matthias Brendel, Eva Kalinowski, Andreas Delker, Peter Bartenstein, Axel Rominger, Dept. of Nuclear Medicine, University of Munich, Munich, Germany, “Subsyndromal late life depression is associated with amyloid accumulation in mild cognitive impairment”, SNMMI’s 61th Annual Meeting, June 7–11, 2014, St. Louis, Missouri. Scientific Paper 87.
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