Due studi pubblicati sul Journal of Alzheimer indicano che alcuni dei cambiamenti patologici associati all'Alzheimer nei soggetti anziani non sono evidenti nei giovani portatori dell'apolipoproteina (ApoE), il fattore di rischio genetico per lo sviluppo della malattia.
Nel primo studio, non sono state riscontrate differenze nel volume o nell'asimmetria dell'ippocampo tra adolescenti cognitivamente normali portatori e non-portatori degli allelli ɛ4 o ɛ2 dell'ApoE. Il secondo studio riporta delle differenze nelle concentrazioni plasmatiche di peptidi amiloidi-β tra i giovani adulti poratori di ɛ4, ɛ3 o ɛ2.
I portatori dell'allele ɛ4 dell'apolipoproteina (ApoE) hanno un rischio maggiore di sviluppare la forma tardiva dell'Alzheimer (AD), di sviluppare l'AD ad un'età più precoce, e di sperimentare un declino cognitivo più grave e un tempo di sopravvivenza più breve. L'allele ɛ4 è anche legato alla gravità nell'atrofia ippocampale ed alle alterazioni patologiche nella neocorteccia. L'allele ɛ2 è ritenuto una protezione dalla malattia.
"L'atrofia dell'ippocampo, una regione del cervello fondamentale per la memoria, è una caratteristica comune in AD, pur essendo possibile anche in individui asintomatici, nonché in portatori sani adulti dell'allele ɛ4 di ApoE", ha spiegato Andy Simmons, PhD, del Dipartimento di Neuroimaging dell'Istituto di Psichiatria del King College di Londra. "Se i giovani geneticamente a rischio di AD manifestano dei primi cambiamenti è una domanda importante per chi è interessato a interventi o trattamenti volti a rallentare o arrestare la progressione della malattia".
Per affrontare la questione, sono stati sottoposti a risonanza magnetica 1.412 adolescenti, ed analizzato il loro DNA per determinarne lo status di ApoE. "Contrariamente a alcuni recenti studi, non sono state osservate differenze nel volume dell'ippocampo tra i portatori e i non-portatori dell'allele ApoE ɛ4", ha affermato Simmons. I ricercatori hanno cercato anche altri cambiamenti potenziali, come l'asimmetria dell'ippocampo o gli effetti genetici dose-dipendenti sul volume, ma non hanno trovato alcuna associazione con lo status genetico.
Oltre ai cambiamenti strutturali nel cervello, i pazienti con AD mostrano di solito un aumento del carico cerebrale di peptidi amiloide-β (Aβ) e una diminuzione della concentrazione di peptidi Aβ nel liquido cerebrospinale. Cambiamenti simili si trovano in quasi tutte le persone con decadimento cognitivo lieve a rischio di conversione in AD. "Questi cambiamenti rappresentano i primi strumenti diagnostici in AD", spiega il Prof. Dr. med. Piotr Lewczuk, capo del «Lab for Clinical Neurochemistry and Neurochemical Dementia Diagnostics», nel Dipartimento di Psichiatria e Psicoterapia della Clinica Universitaria Erlangen e della Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nürnberg.
Poichè si osservano fino ad un certo punto alcune alterazioni della concentrazione di peptidi Aβ anche nel sangue, il suo gruppo di ricerca ha esplorato le differenze nei livelli plasmatici di peptidi Aβ tra i giovani adulti portatori di ε4, ε3 o ε2. Per vedere se questi cambiamenti associati all'AD sono presenti in età precoce, prima che i sintomi clinici siano evidenti, i ricercatori hanno misurato le concentrazioni di peptide Aβ nel plasma di 175 giovani adulti cognitivamente normali. 40 individui (22,9%) avevano almeno un allele ε4 e sono stati considerati "a rischio" per l'AD, 111 (63,4%) avevano il genotipo ε3/ε3 e sono stati considerati "neutri", e 24 (13,7%) del gruppo "protettivo" aveva almeno un allele ε2.
I ricercatori hanno misurato quattro peptidi Aβ ed non hanno trovato differenze significative nei livelli plasmatici di alcuno dei peptidi di Aβ nei tre gruppi genetici. "La mancanza di differenze delle concentrazioni di Aβ riportati in questo studio tra i gruppi con e senza aumento del rischio genetico di AD non significa che possa essere completamente esclusa una neurodegenerazione pre-clinica in atto in tutti i soggetti giovani", dice il Dott. Lewczuk.
Egli osserva inoltre che circa il 40% dei pazienti con AD non sono portatori dell'allele ε4. Tuttavia, egli ritiene che i risultati sia dello studio del Dr. Simmons in materia di volume dell'ippocampo, sia del suo studio sulle concentrazioni plasmatiche di Aβ, implicano che le alterazioni che suggeriscono l'AD cominciano forse 20-30 anni prima della comparsa dei sintomi clinici, ma molto probabilmente non prima di tale periodo.
Fonte: IOS Press BV (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti:
- Andrew Simmons et al. No Differences in Hippocampal Volume between Carriers and Non-Carriers of the AβoE ε4 and ε2 Alleles in Young Healthy Adolescents. Journal of Alzheimer’s Disease, March 2014 DOI: 10.3233/JAD-131841
- Ruediger Zimmermann, Ellen Huber, Christine Schamber, Natalia Lelental, Barbara Mroczko, Sebastian Brandner, Juan Manuel Maler, Timo Oberstein, Maciej Szmitkowski, Manfred Rauh, Johannes Kornhuber and Piotr Lewczuk. Plasma Concentrations of the Amyloid-β Peptides in Young Volunteers: The Influence of the APOE Genotype. Journal of Alzheimer’s Disease, May 2014 DOI: 10.3233/JAD-132687
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