Uno studio sui topi dimostra che la rottura dei vasi sanguigni del cervello può amplificare o causare i problemi associati all'Alzheimer. I risultati, pubblicati su Nature Communications, suggeriscono che le cellule dei vasi sanguigni chiamate periciti possono diventare nuovi bersagli per trattamenti e diagnosi.
"Questo studio aiuta a dimostrare come il sistema vascolare del cervello può contribuire allo sviluppo dell'Alzheimer", ha detto il responsabile dello studio Berislav V. Zlokovic, MD, PhD, direttore del Zilkha Neurogenetic Institute nella Keck School of Medicine della University of Southern California di Los Angeles. Lo studio è stato finanziato dal National Institute of Neurological Diseases and Stroke (NINDS) e dal National Institute on Aging (NIA), parte del National Institutes of Health.
L'Alzheimer è la principale causa di demenza; si tratta di una malattia legata all'età, che erode gradualmente la memoria, il pensiero e la capacità di eseguire le attività quotidiane di una persona. I cervelli dei pazienti di Alzheimer in genere hanno livelli anormalmente elevati di placche costituite da accumuli di proteina amiloide-beta accanto alle cellule del cervello, proteine tau che si raggrumano insieme per formare grovigli neurofibrillari all'interno dei neuroni, e vaste perdite di neuroni.
Le demenze vascolari, la seconda causa di demenza, sono un gruppo eterogeneo di disordini del cervello causati da una serie di problemi dei vasi sanguigni. I cervelli dei pazienti di Alzheimer spesso presentano tracce di malattie vascolari, tra le quali l'ictus ischemico, le piccole emorragie, e una diffusa malattia della materia bianca, più un accumulo di proteina amiloide-beta nelle pareti dei vasi. Inoltre, studi precedenti suggeriscono che l'apoE4, un fattore di rischio genetico per l'Alzheimer, è legato alla salute e all'integrità dei vasi sanguigni cerebrali. "Questo studio può fornire una migliore comprensione della sovrapposizione tra l'Alzheimer e la demenza vascolare", ha detto Roderick Corriveau, Ph.D., direttore del programma del NINDS.
Una delle ipotesi sull'Alzheimer dice che l'aumento di amiloide-beta porta ai danni nelle cellule nervose; questo è supportato da studi genetici che collegano le forme familiari della malattia alle mutazioni nella proteina precursore dell'amiloide (APP), la proteina più grande da cui derivano le molecole di amiloide-beta che formano la placca. Tuttavia, studi precedenti sui topi avevano dimostrato che i maggiori livelli di amiloide-beta riproducono alcuni dei problemi associati con l'Alzheimer: gli animali hanno problemi di memoria, placche di amiloide-beta nel cervello e danni vascolari, ma nessuno dei grovigli neurofibrillari e la perdita di neuroni che sono caratteristici della malattia.
In questo studio, i ricercatori indicano che i periciti pososno essere una delle chiavi che chiariscono se un aumento di amiloide-beta porta ai grovigli e alla perdita di neuroni.
I periciti sono cellule che circondano l'esterno dei vasi sanguigni. Molti si trovano nel sistema di capillari del cervello, chiamato barriera emato-encefalica. È una rete che controlla squisitamente il movimento delle cellule e delle molecole tra il sangue e il fluido interstiziale che circonda le cellule nervose del cervello. I periciti lavorano con altre cellule della barriera emato-encefalica per trasportare nutrienti e molecole di scarto tra il sangue e il fluido interstiziale del cervello.
Per studiare il modo in cui i periciti influenzano l'Alzheimer, il Dott. Zlokovic ed i suoi colleghi hanno incrociato dei topi progettati geneticamente con una forma di APP legata all'Alzheimer familiare, con altri che avevano livelli ridotti del recettore fattore beta di crescita derivato dalle piastrine (PDGFR-beta), una proteina conosciuta per il suo controllo della crescita e della sopravvivenza dei periciti. Studi precedenti hanno dimostrato che i topi mutanti PDGFR-beta hanno meno periciti del normale, meno flusso sanguigno cerebrale e danni alla barriera emato-encefalica. "I periciti si comportano come guardiani della barriera emato-encefalica", ha detto il dottor Zlokovic.
Sia i topi mutanti APP che quelli PDGFR-beta hanno avuto problemi con l'apprendimento e la memoria. Incrociando i topi si sono migliorati leggermente questi problemi. I topi avevano anche maggiore deposizione di placca di amiloide-beta nei pressi di cellule cerebrali e lungo i vasi sanguigni del cervello. Sorprendentemente, il cervello dei topi incrociati aveva più cellule neuronali morte e grandi grovigli neurofibrillari nell'ippocampo e nella corteccia cerebrale, le regioni che sono colpite di solito dall'Alzheimer. "I nostri risultati suggeriscono che i danni al sistema vascolare possono essere una fase fondamentale nello sviluppo della patologia conclamata di Alzheimer", ha detto il dottor Zlokovic.
Ulteriori esperimenti hanno suggerito che periciti possono trasportare amiloide-beta nel sangue attraverso la barriera emato-encefalica, e hanno mostrato che incrociare i topi rallenta la velocità di eliminazione di beta-amiloide dalle cellule nervose nel cervello.
Successivamente, i ricercatori hanno affrontato il modo in cui l'amiloide-beta può influire sul sistema vascolare. I topi mutanti incrociati avevano più periciti morti e più danni alla barriera emato-encefalica rispetto ai topi PDGFR-beta mutanti, suggerendo che l'amiloide-beta può aumentare il danno vascolare. I ricercatori hanno inoltre confermato i risultati precedenti che dimostrano che l'accumulo di amiloide-beta porta alla morte dei periciti.
Il Dr. Zlokovic ed i suoi colleghi hanno concluso che i loro risultati supportano l'ipotesi del doppio danno vascolare nell'Alzheimer. L'ipotesi afferma che gli effetti tossici (dell'aumento della deposizione di amiloide-beta sui periciti nei vasi sanguigni invecchiati) portano ad una rottura della barriera emato-encefalica e ad una ridotta capacità di eliminare amiloide dal cervello. A sua volta, il progressivo accumulo di amiloide-beta nel cervello e la morte dei periciti può diventare un ciclo di retroazione dannosa che provoca la demenza.
Se fosse vero, allora i periciti e le altre cellule della barriera emato-encefalica possono essere nuovi bersagli terapeutici per il trattamento dell'Alzheimer.
Fonte: NIH/National Institute of Neurological Disorders and Stroke.
Riferimenti: Abhay P. Sagare, Robert D. Bell, Zhen Zhao, Qingyi Ma, Ethan A. Winkler, Anita Ramanathan, Berislav V. Zlokovic. Pericyte loss influences Alzheimer-like neurodegeneration in mice. Nature Communications, 2013; 4 DOI: 10.1038/ncomms3932
Pubblicato in ninds.nih.gov (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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