Un nuovo topo da laboratorio, geneticamente modificato, che presenta la gamma completa di cambiamenti cerebrali associati all'Alzheimer, dà sostegno all'ipotesi che l'aumento nel cervello di una molecola chiamata amiloide-beta sia la causa della malattia.
Lo studio che lo afferma, pubblicato nel Journal of Neuroscience è stato finanziato dal National Institutes of Health.
"Crediamo che questi topi siano un ottimo e rigoroso modello pre-clinico per testare la terapeutica sperimentale dell'Alzheimer", dichiara Terrence Town, Ph.D., autore senior dello studio e professore al Dipartimento di Fisiologia e Biofisica nel Zilkha Neurogenetic Institute all'interno della Keck School of Medicine alla University of Southern California di Los Angeles.
L'Alzheimer è una malattia del cervello legata all'età che distrugge gradualmente la memoria di una persona, il pensiero, e la capacità di svolgere anche i compiti più semplici. Colpisce almeno 5,1 milioni di americani ed è la forma più diffusa di demenza negli Stati Uniti. Le caratteristiche patologiche del cervello di Alzheimer includono livelli anomali di proteina amiloide-beta che forma le placche amiloidi, la proteina tau che si raggruppa all'interno dei neuroni e forma grovigli neurofibrillari, e la perdita di neuroni. Inoltre, le cellule gliali - che di norma sostengono, proteggono, o nutrono le cellule nervose - sono iperattive nella malattia.
Le molecole di amiloide-beta che formano la placca derivano da una proteina più grande chiamata proteina precursore dell'amiloide (APP). L'ipotesi amiloide afferma che è l'aumento dell'amiloide-beta a scatenare la degenerazione cerebrale. Studi genetici sulle forme familiari di Alzheimer sostengono questa ipotesi, collegando la malattia alle mutazioni dell'APP e della presenilina 1, una proteina ritenuta coinvolta nell'accumulo di amiloide-beta.
I ricercatori spesso utilizzano roditori per studiare le malattie. Tuttavia, studi precedenti su topi transgenici e ratti con mutazioni all'APP e alla presenilina 1, riproducono solo parzialmente i problemi causati dall'Alzheimer. Gli animali hanno problemi di memoria e molte placche ma nessuno degli altri segni distintivi, soprattutto grovigli neurofibrillari e perdita di neuroni.
Per risolvere questo problema, il Dr. Town ed i suoi colleghi hanno deciso di lavorare con un certo ceppo di ratti. "Ci siamo concentrati sui ratti Fischer 344 perché il loro cervello sviluppa molti delle caratteristiche legate all'età presenti negli esseri umani", scrive il dottor Town, che ha condotto lo studio mentre lavorava come professore di Scienze Biomediche al Cedars-Sinai Medical Center e alla David Geffen School di Medicina e Chirurgia dell'Università della California di Los Angeles.
I topi sono stati progettati per avere i geni mutanti APP e presenilin 1, noti per il loro ruolo nella forma rara di Alzheimer ad esordio precoce. Studi comportamentali hanno dimostrato che con l'età i topi sviluppano problemi di memoria e di apprendimento. Come previsto, la presenza di amiloide-beta nel cervello dei ratti aumenta con l'età. Tuttavia, a differenza dei precedenti studi sui roditori, i topi hanno anche sviluppato grovigli neurofibrillari. "Questo nuovo modello di topo rappresenta meglio i cambiamenti del cervello che si verificano negli esseri umani con Alzheimer, compresa la patologia tau ed una estesa morte neuronale", ha detto Roderick Corriveau, Ph.D., direttore del programma all'Istituto Nazionale dei Disordini Neurologici e Ictus del NIH. "Il modello contribuirà a migliorare la comprensione dei diversi percorsi della malattia coinvolti nell'insorgenza e nella progressione dell'Alzheimer e ci aiuterà a testare interventi promettenti".
I ricercatori hanno eseguito una serie di esperimenti che confermano la presenza di grovigli neurofibrillari nelle regioni del cervello più colpite dall'Alzheimer, come l'ippocampo e la corteccia cingolata, coinvolte nell'apprendimento e nella memoria. Ulteriori esperimenti dimostrano che circa il 30 per cento dei neuroni in queste regioni è morto con l'invecchiamento, la più grande entità di morte cellulare vista nel modello di roditore di Alzheimer, e che alcune cellule gliali hanno acquisito forme che ricordano la glia attivata presente nei pazienti. "I risultati suggeriscono che l'amiloide-beta può guidare l'Alzheimer in modo chiaro e progressivo", ha detto il dottor Town.
L'attivazione della glia è avvenuta prima della formazione delle placche amiloidi, suggerendo che il dottor Town e i suoi colleghi hanno identificato un evento degenerativo precoce e un nuovo obiettivo di trattamento probabilmente perso dagli altri scienziati che studiano con altri modelli di roditori.
I risultati supportano un obiettivo primario di ricerca identificato in Maggio 2012 al Summit sulle Richerche di Alzheimer organizzato dal NIH, dove erano stati citati i modelli animali migliorati come una chiave per far progredire la comprensione di questa complessa malattia. "Per trarre il massimo vantaggio da questo nuovo ed entusiasmante lavoro, è necessario condividere il modello animale con i ricercatori dedicati alla ricerca sui modi per ritardare, prevenire o curare l'Alzheimer'', scrive Neil Buckholtz, Ph.D., del National Institute on Aging, che di fatto sostiene lo sforzo del NIH nella ricerca di Alzheimer. "Di conseguenza, il Dr. Town ed i suoi colleghi stanno lavorando per rendere facilmente accessibile il loro nuovo modello di ratto alla comunità di ricerca".
Oltre alle sovvenzioni NINDS, NIA e al Programma Intramurale di ricerca NIMH, questo studio è stato finanziato dall'Alzheimer's Association e dalla Fondazione Ellison / American Federation for Aging Research.
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Fonte: NIH / National Institute of Neurological Disorder and Stroke.
Riferimento: Cohen RM et al. A transgenic Alzheimer rat with plaques, tau pathology, behavioral impairment, oligomeric Aβ and frank neuronal loss. Journal of Neuroscience, April 10, 2013 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.3672-12.2013.
Pubblicato in Science Daily il 9 Aprile 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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