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Dalla mappatura genetica trovati nuovi fattori di rischio per le neurodegenerazioni

Attraverso un nuovo e potente approccio per comprendere le origini di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, i ricercatori della Mayo Clinic in Florida stanno ipotizzando che queste malattie sono causate principalmente da geni che sono troppo, o troppo poco, attivi, anziché da loro mutazioni dannose.

Nel numero del 7 giugno on-line di PLoS Genetics, segnalano che alcune centinaia di geni presi da quasi 800 campioni di tessuto cerebrale di pazienti con Alzheimer o altri disturbi, avevano livelli di espressione alterati, non derivanti da neurodegenerazione. Molte di tali variazioni ne erano probabilmente la causa.


Ertekin-Taner, Nilufer (genetics of Alzheimer's disease and its endophenotypes) Lab Photo"Oggi sappiamo che la malattia si sviluppa probabilmente da varianti genetiche che hanno effetti modesti sull'espressione genica, e che si trovano anche nelle persone sane. Ma alcune delle varianti, che elevano l'espressione di alcuni geni, e la riducono in altri, si combinano per produrre una tempesta perfetta che conduce alla disfunzione", afferma il ricercatore responsabile Nilufer Ertekin-Taner, MD, Ph.D., (prima a sinistra nella foto) neurologo e neuroscienziato della Mayo Clinic. "Se potessimo identificare i geni legati a una malattia che sono troppo attivi o troppo inattivi, potremmo essere in grado di definire nuovi bersagli farmacologici e terapie", dice. "Questo potrebbe essere il caso sia delle malattie neurodegenerative così come delle malattie in generale".


La Dott.ssa Ertekin-Taner dice che nessun altro laboratorio ha raggiunto un grado di studio dell'espressione genica del cervello come quello condotto al campus della Florida della Mayo Clinic. "La novità, e l'utilità, del nostro studio è il gran numero di campioni di cervello che abbiamo esaminato e il modo in cui li abbiamo analizzati. Questi risultati dimostrano il significativo contributo dei fattori genetici che alterano l'espressione genica del cervello e aumentano il rischio di malattia", dice. Questa forma di analisi dei dati, misura i livelli di espressione genica quantificando il valore di RNA prodotto nel tessuto ed esamina il genoma di pazienti per identificare le varianti genetiche associate a questi livelli.


I ricercatori della Mayo hanno misurato il livello di 24.526 trascrizioni (RNA messaggero) per 18.401 geni che utilizzano il tessuto cerebellare autoptico di 197 pazienti con Alzheimer e di 177 pazienti con altre forme di neurodegenerazione. I ricercatori hanno poi convalidato i risultati esaminando la corteccia temporale di 202 pazienti con Alzheimer e di 197 con altre patologie. La differenza tra questi campioni è che mentre la corteccia temporale è affetto da Alzheimer, il cervelletto è relativamente risparmiato. Con queste analisi i ricercatori hanno identificato oltre 2.000 marcatori di espressione alterata in entrambi i gruppi di pazienti, che erano comuni tra il cervelletto e la corteccia temporale. Alcuni di questi marcatori influenzano anche il rischio di malattie umane, suggerendo che contribuiscono allo sviluppo di malattie neurodegenerative e altre indipendentemente dalla loro posizione nel cervello.


Essi hanno identificato nuove espressioni "di alta classifica" di marcatori genetici di rischio per malattie che includono la paralisi sopranucleare progressiva, la malattia di Parkinson e il morbo di Paget, e hanno confermato altre associazioni note per il lupus, la colite ulcerosa, e il diabete di tipo 1. "L'espressione alterata di geni del cervello può essere collegata a una serie di malattie che colpiscono l'intero corpo", dice la Dott.ssa Ertekin-Taner.


Hanno poi confrontato i dati eGWAS ai GWAS sull'Alzheimer, condotti dall'Alzheimer's Disease Genetics Consortium, finanziato dal governo federale, per verificare se alcuni dei geni di rischio già individuati promuovono la malattia attraverso l'espressione alterata. "Abbiamo scoperto che un certo numero di geni, già collegati all'Alzheimer, in effetti, hanno l'espressione genica alterata, ma abbiamo anche scoperto che anche molte delle varianti in ciò che noi chiamiamo la zona grigia dei GWAS (geni il cui contributo all'Alzheimer era incerto) influenzano i livelli di espressione del cervello", dice la Dssa Ertekin-Taner. "Questo ci offre nuovi geni di rischio candidati per l'esplorazione".


"Questo è un approccio efficace per capire la malattia", dice. "Può trovare nuovi geni che contribuiscono al rischio, così come nuovi percorsi genetici, e può anche aiutarci a capire la funzione di un gran numero di geni e altri regolatori molecolari nel genoma che sono coinvolti in malattie molto importanti".


Lo studio è stato finanziato in parte dal National Institutes of Health e dal Mayo Alzheimer's Disease Research Center. I risultati completi sono a disposizione della comunità scientifica.

 

 

 

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Fonte: Materiale della Mayo Clinic, via Newswise.

Riferimento:
Fanggeng Zou, High Seng Chai, Curtis S. Younkin, Mariet Allen, Julia Crook, V. Shane Pankratz, Minerva M. Carrasquillo, Christopher N. Rowley, Asha A. Nair, Sumit Middha, Sooraj Maharjan, Thuy Nguyen, Li Ma, Kimberly G. Malphrus, Ryan Palusak, Sarah Lincoln, Gina Bisceglio, Constantin Georgescu, Naomi Kouri, Christopher P. Kolbert, Jin Jen, Jonathan L. Haines, Richard Mayeux, Margaret A. Pericak-Vance, Lindsay A. Farrer, Gerard D. Schellenberg, Ronald C. Petersen, Neill R. Graff-Radford, Dennis W. Dickson, Steven G. Younkin, Nilüfer Ertekin-Taner. Brain Expression Genome-Wide Association Study (eGWAS) Identifies Human Disease-Associated Variants. PLoS Genetics, 2012; 8 (6): e1002707 DOI: 10.1371/journal.pgen.1002707.

Pubblicato in ScienceDaily il 7 Giugno 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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