La ricerca condotta dall'università di Bologna nel progetto Mnesys: così il microbiota influenza la salute del cervello
L'intestino, si sa, è il nostro secondo cervello. Con il cervello 'parla' e riesce a influenzarlo in salute e in malattia. Tanto che "l'infiammazione del colon anticipa l'insorgenza dei difetti di memoria del morbo di Alzheimer (MA)". Lo suggerisce uno studio italiano condotto nell'ambito dello Spoke 4 di Mnesys, 'Cern italiano' per la ricerca sul cervello finanziato dal Pnrr, anima del I Forum nazionale delle neuroscienze che si è chiuso il 22 giugno a Napoli.
"Il corpo - spiegano gli scienziati - parla con il cervello non solo attraverso connessioni nervose, ma anche per mezzo di segnali provenienti dal microbiota", il mega-mix di microrganismi che abita nell'intestino. "Individuare quali, fra questi segnali, possano influenzare la salute del cervello e avere eventualmente un ruolo nella 'storia naturale' delle malattie neurodegenerative, come il MA", è uno degli obiettivi dello Spoke 4 e dello studio condotto su roditori da un gruppo di ricerca dell'università di Bologna guidato da Laura Calzà e Luciana Giardino.
Il lavoro, pubblicato a maggio su Alzheimer's Research & Therapy, indica appunto il collegamento tra infiammazione del colon e rischio di MA. "Invecchiando precocemente - descrivono i ricercatori - il microbiota intestinale provoca un'infiammazione organica e altera le proprietà degli astrociti, una popolazione di cellule gliali che svolge un ruolo fondamentale di supporto all'attività dei neuroni".
"Questo lavoro - afferma Calzà, ordinaria di Anatomia degli animali domestici del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell'ateneo bolognese - rientra all'interno dell'inquadramento di riferimento stabilito dalla commissione 'Lancet Neurology' del 2020 su prevenzione, intervento e cura della demenza e sull'importanza di identificare i fattori di rischio modificabili che entrano in gioco sull'insorgere della fase sintomatica di questa patologia. Se è vero infatti che il MA si sviluppa subdolamente per anni, danneggiando il cervello prima che compaiano i sintomi e venga diagnosticato, è altrettanto vero che conoscere questa fase presintomatica della malattia apre possibilità preventive e terapeutiche completamente nuove, ad esempio regolando opportunamente i segnali che derivano dal microbiota".
"Ad oggi - ricorda Patrizia Fattori, ordinaria di Fisiologia all'università di Bologna e coordinatrice dello Spoke 4 - la Commissione Lancet su prevenzione, intervento e assistenza alla demenza ha individuato 12 fattori di rischio modificabili responsabili di circa il 40% delle demenze mondiali, che di conseguenza potrebbero essere teoricamente prevenute o ritardate e che influenzano individui di tutte le età. La nostra comprensione della demenza sta cambiando, con la descrizione più recente di nuove cause patologiche, e ciò - prospetta la specialista - permetterà di ridurre sempre più l’impatto di queste patologie".
Fonte: Università di Bologna via ADNKronos
Riferimenti: L Lorenzini, [+14], L Calzà, L Giardino. Experimental colitis in young Tg2576 mice accelerates the onset of an Alzheimer’s-like clinical phenotype. Alz Res Therapy, 2024, DOI
Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.