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Come contribuisce il DDT al rischio di Alzheimer?

Nuove scoperte potrebbero aiutare a aprire la strada alla diagnosi precoce e alla potenziale terapia per le persone altamente esposte ai pesticidi.

Un nuovo studio guidato da ricercatori della Florida International University rivela un meccanismo che collega il pesticida DDT al morbo di Alzheimer (MA). Lo studio, pubblicato in Environmental Health Perspectives, mostra che l'inquinante ambientale persistente DDT provoca un aumento della quantità di amiloide-beta (Aβ) tossica, che forma le caratteristiche placche presenti nel cervello di MA.


Secondo Jason Richardson, professore della FIU e autore senior, lo studio dimostra anche che il DDT è un fattore di rischio ambientale per il MA. Nel 2014, egli ha guidato un team di scienziati della Rutgers University, della Emory University e della UT Southwestern che ha presentato prove che collegano il DDT alla malattia. Ora hanno dati che dimostrano il meccanismo che può spiegare l'associazione.


"La stragrande maggioranza della ricerca sulla malattia è stata nella genetica, e la genetica è molto importante, ma i geni che causano effettivamente la malattia sono molto rari"
, afferma Richardson. “I fattori di rischio ambientale come l'esposizione al DDT sono modificabili. Quindi, se capiamo come il DDT influenza il cervello, allora forse potremmo puntare quei meccanismi e aiutare le persone che sono state altamente esposte".


Il DDT era molto impiegato tra gli anni '40 e '70 per combattere le malattie trasmesse da insetti, come la malaria, e trattare la produzione di colture e bestiame. Le persone altamente esposte al DDT all'epoca stanno iniziando ad essere, o sono già, nella gamma di età con un rischio maggiore di sviluppare il MA. Sebbene sia vietato negli Stati Uniti, l'esposizione al DDT è probabilmente possibile oggi dalla contaminazione preesistente o dagli alimenti importati.


Lo studio si è concentrato sui canali di sodio, che il sistema nervoso usa per comunicare tra le cellule cerebrali (neuroni), come potenziale meccanismo. Il DDT fa sì che questi canali rimangano aperti, portando ad un aumento di 'spari' dei neuroni e ad un aumento del rilascio di peptidi di Aβ.


Nello studio, i ricercatori dimostrano che, quando i neuroni sono trattati con tetrodotossina, un composto che blocca i canali del sodio nel cervello, si previene l'aumento della produzione della proteina precursore amiloide e delle specie tossiche di Aβ. "Questa scoperta potrebbe potenzialmente fornire una tabella di marcia alle future terapie per le persone altamente esposte al DDT", afferma Richardson.


Lo studio, condotto in collaborazione con la Rutgers University, ha usato cellule coltivate, moscerini transgenici e topi modello per dimostrare l'effetto del DDT sul percorso amiloide, un segno distintivo del MA. Esponendo tutti i modelli al DDT (nella gamma a cui le persone sono state esposte decenni fa) i ricercatori hanno osservato un aumento della produzione della proteina precursore amiloide, nonché livelli elevati di specie amiloidi tossiche, come i peptidi Aβ, e placche.


"Abbiamo scoperto che se blocchiamo i canali di sodio con il composto tetrodotossina e quindi dosiamo i neuroni con DDT, non c'è aumento della proteina precursore dell'amiloide, né secrezione di Aβ in eccesso"
, afferma Richardson.


Il prossimo passo per i ricercatori sarà testare farmaci terapeutici in base alle informazioni che ora conoscono. Richardson informa che ci sono già diversi farmaci che puntano i canali di sodio: "Siamo iniziando studi per vedere se riusciamo a prendere un farmaco già approvato dalla FDA e vedere se riduce l'accumulo di amiloide tossica".

 

 

 


Fonte: Stephanie Rendon in Florida International University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: A Eid, ...[+11], JR. Richardson. Effects of DDT on Amyloid Precursor Protein Levels and Amyloid Beta Pathology: Mechanistic Links to Alzheimer’s Disease Risk. Environmental Health Perspectives, 2022, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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