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La scienza a sostegno del digiuno come trattamento di Alzheimer

Quando si tratta di diagnosi mediche, il morbo di Alzheimer (MA) è grave. Coloro che sviluppano la malattia, che causa un peggioramento della memoria e problemi comportamentali, non hanno molte opzioni di trattamento.


Ci sono una manciata di farmaci che possono alleviare i sintomi, ma nessuno di essi rallenta la progressione della malattia o offre una cura. Ma un approccio, al di fuori del regno dei farmaci, sta rapidamente mostrando un forte potenziale per il trattamento: il digiuno.


Considerato in genere un metodo per perdere peso, il digiuno ha dimostrato in studi sugli animali di aiutare a migliorare i sintomi del MA e il lento declino cognitivo dei topi. La ricerca sul legame tra dieta e salute del cervello si sta ora spostando sugli esseri umani; alcuni ricercatori sperano che un giorno il digiuno possa essere usato per curare e prevenire questa malattia debilitante.

 

 

Dieta e Alzheimer

Il MA è abbastanza comune tra gli anziani: si stima che oggi ci siano 5,8 milioni di americani. La malattia si manifesta come perdita di memoria, cambiamenti nel comportamento e problemi nel pensiero. Questi cambiamenti sono riflessi internamente dalla degradazione di parti del cervello responsabili della memoria.


Nei pazienti con MA, gli scienziati sanno da tempo che si accumulano raggruppamenti dannosi di proteine ​​tra le cellule nervose, chiamati placche, e di proteine ​​all'interno delle cellule nervose, chiamati grovigli. Placche e grovigli devastano il cervello e, mentre si diffondono, uccidono le cellule e distruggono le normali funzioni cerebrali. Cosa causa esattamente lo sviluppo di queste placche e grovigli e il motivo per cui le persone con loro hanno il MA, è ancora nell'aria.


Ma Mark Mattson, un professore di neuroscienze recentemente ritiratosi alla John Hopkins University, pensa che questo abbia qualcosa a che fare con le nostre moderne abitudini alimentari, in particolare i tempi dei nostri pasti. Mattson ha trascorso decenni a fare ricerca su apporto calorico e MA.


In diversi studi su topi geneticamente modificati con i sintomi del MA ha scoperto che quelli alimentati con diete a digiuno intermittente (brevi periodi di alimentazione alternati a periodi di digiuno più lunghi) sono andati meglio di quelli che mangiavano quando volevano. Avevano una migliore funzione cognitiva, vivevano più a lungo e, soprattutto, avevano meno placca accumulata nel cervello.

 

 

Storia del digiuno

Mattson pensa che gli effetti positivi visti nei topi - il cui cervello è simile agli umani - potrebbero essere radicati nell'evoluzione. Prima dell'ascesa dell'agricoltura, quando le persone erano ancora in cerca di cibo, spesso passavano lunghi periodi senza mangiare. Nel corso del tempo, l'evoluzione ha favorito coloro che potevano sopravvivere senza le loro amate colazioni (e pranzi e cene).


Ora sappiamo che usiamo il glucosio che otteniamo dagli alimenti, in particolare i carboidrati, per alimentare il corpo. Usiamo questo combustibile, chiamato glicogeno, per circa 12 ore dopo che mangiamo. Quando si esaurisce, il corpo passa a una fonte di energia alternativa: i corpi di chetoni.


Prodotti dal fegato durante i periodi di digiuno e di basso apporto di carboidrati, i chetoni alimentano anche i nostri organi, incluso il cervello. Nel cervello, gran parte di questa energia va ai nostri neuroni. Ma anche se sia il glicogeno che i chetoni alimentano i nostri neuroni, una maggiore produzione di chetoni è stata collegata al miglioramento del pensiero, dell'apprendimento e della memoria.


Alcuni scienziati teorizzano che i chetoni forniscono ai neuroni più energia di quella del glicogeno e, con questa energia extra, i neuroni riescono a scongiurare meglio la morte cellulare e il degrado cerebrale a lungo termine.


Ma con la prima colazione e gli spuntini a tarda notte, la dieta americana standard ci impedisce di fare quel passaggio metabolico dal glicogeno ai chetoni. Secondo Mattson, potremmo far mancare al nostro cervello del carburante di cui ha bisogno per vivere una vita lunga e sana.


Per vedere se questa teoria è vera, Mattson sta concludendo uno studio su persone ad alto rischio di MA: quelle di età compresa tra 55 e 70 anni e che sono obese e resistenti all'insulina. I partecipanti sono stati sottoposti a una dieta a digiuno 5:2, dove mangiano cinque giorni alla settimana e digiunano per due. La loro prestazione cognitiva e l'attività cerebrale sono state testate prima e dopo l'implementazione della dieta.


Attivando questo interruttore metabolico, Mattson sarà in grado di notare eventuali miglioramenti nella salute del cervello e nelle funzioni cognitive. E anche se i risultati devono ancora essere rilasciati, Mattson dice che il suo lavoro preliminare indica evidenti benefici per coloro che seguono la dieta a digiuno intermittente.


Anche Valter Longo, professore di scienze biologiche della University of Southern California, ha trascorso  decenni a studiare il legame tra invecchiamento e digiuno. E come Mattson, ha visto un declino cognitivo più lento e una maggiore longevità nei topi messi su diete a digiuno.


Analogamente, Longo pensa che il passaggio metabolico dal glucosio ai corpi di chetone abbia un ruolo importante nella salute e nella longevità del cervello, ed attualmente sta conducendo test sugli esseri umani. Longo ha recentemente dato il via a uno studio su 120 pazienti a cui è stata diagnosticato il MA o un lieve deterioramento cognitivo.


Sta usando una variante di una dieta a digiuno meno drastica, sebbene imiti gli effetti essenziali. Il metodo è stato progettato pensando ai pazienti anziani, che potrebbero non essere abbastanza forti da fare digiuni prolungati ogni giorno. Invece, i pazienti fanno cinque giorni di digiuno ogni mese mentre consumano piccole quantità di grassi sani ogni giorno.


Mangiando i grassi e senza carboidrati durante quel periodo, i loro corpi continueranno a usare i chetoni anziché il glucosio come combustibile. È un tentativo di dividere la differenza: i partecipanti saranno ancora in grado di ottenere i nutrienti dal cibo mentre raccolgono i potenziali benefici del digiuno che salvano il cervello.

 

 

Non così presto

Mentre gli studi di Longo e Mattson potrebbero iniziare a sostenere le teorie su MA e digiuno con le prove, siamo ancora lontani dal trarre conclusioni ufficiali. Poiché anche altri fattori, come l'esercizio fisico, il sonno, lo stress e il diabete sono legati alla malattia, districare il mistero del MA è tutt'altro che concluso.


Per ora, e fino a quando non sapremo di più sulla malattia, Longo dice che limitare l'apporto calorico a circa 12 ore al giorno potrebbe essere un buon modo per aiutare la salute del cervello. Quindi per ora, potresti pensare due volte a quello spuntino notturno. Il tuo cervello potrebbe ringraziarti più tardi.

 

 

 


Fonte: Amber Jorgenson in Discover Magazine (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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