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L'astinenza dall'alcol in mezza età aumenta il rischio di demenza?

Immagina se qualcuno ti dicesse che non bere alcol ti dà più probabilità di sviluppare la demenza. Questa sarebbe certamente una dichiarazione audace, ma è una relazione che hanno diffuso alcuni media, lasciando il pubblico a chiedersi se bere alcolici sia in qualche modo meglio per il loro cervello.


Un articolo recente apparso sul British Medical Journal ha riacceso la discussione scientifica sul rapporto tra astensione dall'alcol e sviluppo di demenza. Lo studio ha coinvolto 9.000 dipendenti pubblici che lavoravano a Londra, tutti tra i 35 e 55 anni quando lo studio è iniziato tra il 1985 e il 1988. Quando è terminato nel 1993, la loro età media era di 50 anni. Sono state analizzate le cartelle cliniche dei partecipanti per identificare le diagnosi di demenza, oltre 23 anni (in media) dopo il termine dello studio. I risultati dicono che l'astinenza in mezza età era associata a un rischio maggiore del 45% di sviluppare demenza, rispetto alle persone che consumavano da 1 a 14 unità* di alcol alla settimana.


I risultati di coloro che avevano bevuto al di sopra delle 14 unità* raccomandate alla settimana erano forse meno sorprendenti. Per ogni 7 unità alla settimana di aumento sopra le 14 unità, c'era un aumento significativo del 17% nel rischio di demenza. Gli autori concludono che:

"Questi risultati suggeriscono che l'astensione e l'eccessivo consumo di alcol sono associati ad un rischio più alto di demenza, sebbene i meccanismi sottostanti possano essere diversi nei due gruppi".

 

Una turbativa confondente

Allora, cosa dobbiamo fare di questa ricerca? In studi come questo, una delle molte insidie ​​nell'esplorare l'associazione tra una variabile di esposizione (alcol) e la variabile di esito (demenza) è la presenza di fattori confondenti. I confondenti sono l'incubo peggiore di uno statistico: sono variabili che possono essere giustamente associate sia all'esposizione che alla variabile di esito.


In questo studio, gli astemi con livelli più elevati di condizioni come le malattie cardiache, il diabete e l'obesità erano quelli con il rischio più alto di demenza. Può essere che avere una malattia fisica sia la ragione per cui queste persone si sono astenute dall'alcol. Queste stesse malattie fisiche possono anche essere la ragione dello sviluppo della demenza. In questo modo, la malattia fisica non correlata al consumo di alcol potrebbe essere un fattore di confondimento sia per l'astinenza che per la demenza. Bere potrebbe essere solo un'aringa rossa (= informazione fuorviante).


L'altro grosso problema con gli studi che esplorano il collegamento tra astinenza e demenza è la fascia d'età coperta. Lo studio ha iniziato a considerare le abitudini di consumo di alcolici a un'età minima di 35 anni e si è concluso quando l'età media era di 50 anni. Ma che dire delle persone che hanno bevuto pesantemente durante l'adolescenza o dopo i 55 anni? Ciò è particolarmente importante, poiché è probabile che un'ampia parte del gruppo di studio faccia parte della generazione del "baby boomer". Questa generazione ha visto l'aumento più alto dei tassi di abuso di alcol negli ultimi 15 anni, un periodo di tempo che è ben al di fuori della gamma dello studio.


Dovremmo anche essere consapevoli che tra 1/4 e 2/3 degli anziani iniziano a bere più del limite raccomandato di 14 unità* per la prima volta dopo i 60 anni. Questi modelli di bere in età prima e dopo il periodo di studio potrebbero benissimo avere influenzato i risultati. Quelli identificati come astemi durante il periodo di studio potrebbero aver iniziato a bere più tardi nella vita.

 

Un altro livello di spirito

Più di 50 anni fa, il defunto Griffiths Edwards, professore di psichiatria delle dipendenze, dichiarò:

"Sarebbe troppo ottimistico supporre che la sotto-rappresentazione relativa dei soggetti nelle fasce di età più avanzata ... sia spiegata solo dagli anziani che hanno ricevuto generalmente il trattamento richiesto o che sono tornate al bere normale ... sembra probabile che questo risultato sia in parte un accenno alla aspettativa di vita diminuita dell'alcolista.


Al giorno d'oggi gli esseri umani hanno una vita più lunga, quindi ci sono più persone che vivono oltre i 70, il che ha anche fornito l'opportunità di guardare all'alcol e alla demenza in modo più dettagliato. Esaminando le differenze tra demenza alcol-correlata e le forme più comuni, come il morbo di Alzheimer (MA), iniziamo a vedere che sono diversi in molti modi. Ad esempio, i problemi a trovare le parole nel MA si riscontrano raramente nella demenza alcolica, che si presenta anche molto prima con i cambiamenti nel comportamento.


I ricercatori devono essere sicuri di definire la demenza alcolica in modo più accurato perché questi tipi di studi siano definitivi. In caso contrario, è altamente probabile che stiano esaminando altre forme di demenza con altri fattori di rischio, come l'ipertensione o il diabete.


L'alcol è una droga che danneggia un numero crescente di anziani, e abbiamo bisogno di chiarire i fatti su come influisce sul cervello. Forse non possiamo trattare la verità sul bere. Tutto ciò che serve è il semplice barlume di speranza sui benefici dell'essere astemio per alimentare le fiamme della disinformazione.


Coloro che bevono alcolici, le persone che bevono oltre i limiti inferiori di rischio hanno ricevuto, ancora una volta, un avvertimento salutare. È una questione che dovremmo continuare a tenere in considerazione, ma dobbiamo anche far capire che la demenza alcolica deve essere riscoperta e indagata di nuovo.

 

 

(*) Una Unità Alcolica (U.A.) corrisponde a circa 12 grammi di etanolo. Che sono contenuti in un bicchiere piccolo (125 ml) di vino a media gradazione, in una lattina o bottiglia di birra (330 ml) di media gradazione o in una dose da bar (40 ml) di superalcolico.

 

 


Fonte: Tony Rao, Visiting Lecturer in psichiatria geriatrica al King's College London.

Pubblicato su The Conversation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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