Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Resilienza e commozione cerebrale: perché alcuni atleti sviluppano la neurodegenerazione e altri no?

man soccer ball heading Image by master1305 on Freepik.com

Il ministro dello sport dell'Ontario/Canada, il 71enne Neil Lumsden, ha annunciato di recente la sua decisione di donare il cervello alla Concussion Legacy Foundation Canada per sostenere la ricerca sulle lesioni cerebrali. Lumsden ha giocato 10 anni nella Canadian Football League, vincendo quattro Grey Cups e, anche se sa di aver avuto diversi 'avvertimenti' durante la sua carriera, non crede di aver subito danni neurologici a lungo termine. Intende aiutare i ricercatori a scoprire perché il suo cervello sembra essere più resiliente di alcuni dei suoi compagni di squadra.


Neanche a farlo apposta, il 24 settembre Brett Favre, 54enne ex-star della National Football League, durante una testimonianza non correlata davanti al Congresso degli Stati Uniti, ha rivelato che gli era stato diagnosticato il Parkinson, probabilmente a seguito delle centinaia di commozioni cerebrali sperimentate durante la sua storica carriera.

Perché questi due atleti hanno avuto esiti così diversi?

 

Valutare e gestire la commozione cerebrale

Nonostante abbiamo alcuni strumenti per valutare e gestire le commozioni cerebrali nella fase acuta, non abbiamo molto per monitorare la progressione a lungo termine. Nella fase acuta, le commozioni cerebrali non sono visibili sulle scansioni di risonanza magnetica (RM) convenzionali. Questo è uno dei motivi per cui una commozione cerebrale è anche chiamata lesione cerebrale 'lieve' (mTBI, mild traumatic brain injury). Tali scansioni vengono usate con parsimonia solo per escludere conseguenze TBI più gravi come i sanguinamenti cerebrali.


Sebbene ci siano alcuni potenziali biomarcatori nel sangue per la diagnosi di commozione cerebrale acuta, ci sono pochissimi strumenti ampiamente accessibili per studiare gli effetti biologici a lungo termine sulla funzione cellulare e molecolare cerebrale. Queste funzioni probabilmente regolano la traiettoria di un individuo verso la neurodegenerazione, un viaggio che può richiedere anni o decenni.


Il rischio di neurodegenerazione - una perdita progressiva di struttura o funzione dei neuroni - aumenta con la frequenza e la gravità delle commozioni cerebrali. Un individuo non deve nemmeno avere avuto una commozione cerebrale perché si osservi un danno. Il gruppo con cui lavoro aI Centre for Functional and Metabolic Mapping e altri hanno dimostrato che gli impatti meno-che-commozionali ripetuti producono cambiamenti persistenti nella struttura e nella funzione cerebrale delle atlete giovani e nei biomarcatori del sangue degli atleti maschi giovani.


Entrambi questi studi hanno usato approcci di RM più sofisticati, tra cui la 'RM funzionale allo stato di riposo', che rivela come comunicano tra loro le aree cerebrali, e la 'scansione a tensore di diffusione' che misura l'integrità fisica delle connessioni tra le aree cerebrali. Fortunatamente, pensiamo che la maggior parte dei soggetti di studio non avanzerà verso un disturbo neurodegenerativo, ma non capiamo perché alcuni come Favre lo fanno e altri come Lumsden no.


Dagli studi umani e animali, comprendiamo alcune delle principali conseguenze biologiche dell'impatto della testa che possono aprire la strada alla neurodegenerazione. L'infiammazione cronica è stata legata allo sviluppo di malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer e il Parkinson, in cui muoiono progressivamente i neuroni. I grovigli di proteine ​tau interrompono il funzionamento normale dei neuroni e sono una delle caratteristiche dell'encefalopatia traumatica cronica (CTE), una malattia neurodegenerativa legata a lesioni ripetute alla testa.


È noto che la CTE provoca perdita di memoria, confusione, giudizio compromesso, problemi di controllo degli impulsi, aggressività e infine demenza. La CTE può essere presente nel cervello di persone che avevano avuto colpi ripetuti, ma mai una commozione cerebrale diagnosticata, come Owen Thomas, l'ex capitano della squadra di calcio della Penn.


La CTE è osservata spesso nelle popolazioni più giovani (come Thomas) ma può essere diagnosticata solo post mortem. Un recente sondaggio nella NFL ha mostrato che un terzo dei giocatori in pensione ritiene di avere CTE in base ai sintomi e quasi il 10% aveva già una diagnosi di Alzheimer o altra demenza. Nell'impatto può avvenire un taglio sottile o lo stiramento degli assoni, le parti lunghe simili a filamenti dei neuroni che trasportano segnali tra cellule cerebrali. Nel tempo, gli assoni danneggiati possono degenerare, contribuendo all'atrofia cerebrale (restringimento) e al declino cognitivo.


La nostra ricerca mostra che si danneggiano i fasci di assoni più lunghi che collegano aree distanti del cervello e che questo danno può accumularsi ad ogni lesione successiva. Gli assoni sono le estensioni tipo filamento dei neuroni che trasmettono impulsi elettrici tra le aree cerebrali, spesso raggruppate insieme in fasci.


Il cervello è normalmente protetto da una struttura chiamata barriera emato-encefalica, che regola strettamente l'ingresso e l'uscita di metaboliti e prodotti di scarto nel cervello. Dopo uno o più impatti, la barriera emato-encefalica si può danneggiare, consentendo a proteine ​​tossiche, sostanze chimiche e cellule di infiltrarsi nel cervello. Ciò può innescare un ciclo distruttivo di infiammazione e morte cellulare, ponendo le condizioni per la neurodegenerazione a lungo termine.


Molti di questi fattori possono essere misurati in contesti di ricerca usando scansioni di tomografia a emissione di positroni (PET) o varie forme avanzate di RM. Alcuni di questi potrebbero avere un potere predittivo della resilienza futura. La predisposizione genetica può essere importante. I portatori del gene ApoE4 o del promotore dell'allele alfa-sinucleina Rep 1, possono avere un rischio maggiore di Alzheimer o di Parkinson, rispettivamente, dopo colpi ripetuti. Altri studi non hanno trovato un tale legame.


È chiaro che alcuni cervelli sono in grado di compensare a vari livelli. Questo processo è probabilmente legato a quella che viene chiamata riserva cognitiva, che è la capacità di un cervello di mantenere la funzione cognitiva di fronte all'avanzamento di una malattia o a una lesione. È stata collegata alla genetica, al livello di istruzione, alle interazioni sociali e allo stato di salute. Probabilmente dipende dalla capacità del cervello di reinstradare le informazioni, proprio come una deviazione del traffico, qualcosa che possiamo misurare con la RM funzionale. I pazienti con riserva cognitiva più elevata hanno migliori esiti post-commozione, almeno a breve termine.


Una commozione cerebrale potrebbe essere considerata una lesione 'lieve', ma i suoi effetti possono durare una vita, specialmente quando ci sono impatti multipli. Questo è il motivo per cui è importante capire le commozioni cerebrali e i loro effetti a lungo termine, per prevedere chi potrebbe subire una neurodegenerazione.

 

 

 


Fonte: Ravi Menon, professore di biofisica medica, Western University di London / Ontario / Canada

Pubblicato in The Conversation (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.