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Scoperto nuovo meccanismo di diffusione dell'Alzheimer nel cervello

Scoperto nuovo meccanismo di diffusione dell'Alzheimer nel cervello

Nel morbo di Alzheimer (MA) il sistema di smaltimento dei rifiuti di una cellula può diffondere gli aggregati proteici nocivi tra i neuroni del cervello. La diffusione è stata ridotta negli esperimenti, suscitando la speranza di nuovi metodi diagnostici e farmaci che possono fermare o ridurre la progressione della malattia.


Il sistema di gestione dei rifiuti della cellula sembra avere un ruolo importante nella diffusione del MA nel cervello. Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Acta Neuropathologica, si è concentrato su piccole goccioline coperte dalla membrana chiamate 'esosomi'. Si è creduto a lungo che il compito principale degli exosomi fosse quello di aiutare la cellula a sbarazzarsi dei prodotti di scarto. In termini semplici, erano ritenuti i sacchetti della spazzatura della cellula.


Tuttavia, ora che li conosciamo di più, abbiamo capito che le cellule di tutto il corpo usano gli esosomi per trasmettere informazioni: gli esosomi possono contenere sia proteine che materiale genetico, che le altre cellule possono assorbire.


I ricercatori di Linköping hanno dimostrato nel nuovo studio che gli esosomi possono anche trasportare gli aggregati tossici della proteina amiloide-beta, e in questo modo diffondere la malattia ad altri neuroni. L'amiloide-beta aggregata è una delle cose principali presenti nel cervello dei pazienti con MA, l'altra è costituita dagli aggregati della proteina tau.


Col passare del tempo, essi formano depositi sempre più grandi nel cervello, fatto che coincide con la morte delle cellule nervose. Le funzioni cognitive di una persona con MA si deteriorano gradualmente man mano che vengono colpite nuove parti del cervello.


"La diffusione della malattia segue il modo in cui parti del cervello sono collegate anatomicamente. Sembra ragionevole presumere che la malattia si diffonda attraverso le connessioni nel cervello, e ci sono da tempo ipotesi su come avviene questa diffusione a livello cellulare"
, afferma Martin Hallbeck, professore associato di Medicina Clinica e Sperimentale alla Linköping University e consulente senior di patologia clinica all'ospedale dell'università.

 

Le cellule si ammalano

In collaborazione con ricercatori dell'Università di Uppsala, lui e i suoi collaboratori hanno studiato gli esosomi nel tessuto cerebrale di persone decedute. Il gruppo di ricerca dell'Università Linköping ha trovato più amiloide-beta negli esosomi dei cervelli con MA che nei controlli sani. Inoltre, i ricercatori hanno purificato gli esosomi dal cervello di persone con MA e hanno studiato se potevano essere assorbiti da cellule coltivate in laboratorio.


"È interessante notare che gli esosomi dei pazienti sono stati assorbiti dai neuroni coltivati e successivamente trasferiti su nuove cellule. Le cellule che hanno assorbito gli esosomi che contenevano amiloide-beta si sono ammalate", afferma Martin Hallbeck.


I ricercatori hanno trattato i neuroni coltivati con varie sostanze che impediscono la formazione, il rilascio o l'assorbimento degli esosomi da parte di altre cellule. Sono così riusciti a ridurre la diffusione dell'amiloide-beta aggregata tra le cellule, interrompendo il meccanismo. I metodi usati in questi esperimenti di laboratorio non sono ancora adatti per il trattamento dei pazienti, ma la scoperta è importante in linea di principio.


"Il nostro studio dimostra che è possibile influenzare questo percorso e, teoricamente, sviluppare farmaci che potrebbero impedire la diffusione. I risultati aprono anche la possibilità di diagnosticare il MA in modi nuovi, misurando gli esosomi", afferma Martin Hallbeck.

 

 

 


Fonte: Linköping University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari

Riferimenti: Maitrayee Sardar Sinha, Anna Ansell-Schultz, Livia Civitelli, Camilla Hildesjö, Max Larsson, Lars Lannfelt, Martin Ingelsson, Martin Hallbeck. Alzheimer’s disease pathology propagation by exosomes containing toxic amyloid-beta oligomers. Acta Neuropathologica, 2018; DOI: 10.1007/s00401-018-1868-1

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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