Ci chiediamo spesso: possiamo rallentare o addirittura invertire il processo di invecchiamento?
Anche se le manipolazioni genetiche possono, in effetti, alterare alcune dinamiche cellulari, sappiamo poco sui meccanismi del processo di invecchiamento negli organismi viventi.
Ora gli scienziati del campus della Florida dello Scripps Research Institute (TSRI) hanno scoperto in modelli animali che un singolo gene ha un ruolo sorprendente nel processo di invecchiamento rilevabile nelle prime fasi dello sviluppo, una scoperta che potrebbe puntare alla possibilità un giorno di usare terapie, anche alcune tra quelle più comuni, per manipolare il processo di invecchiamento stesso.
"Crediamo che un gene di sviluppo non caratterizzato in precedenza, noto come Spns1, possa mediare il processo di invecchiamento", ha detto Shuji Kishi, professore assistente del TSRI che ha condotto lo studio pubblicato recentemente dalla rivista PLoS Genetics. "Anche una parziale perdita di funzione del Spns1 può accelerare l'invecchiamento".
Usando diversi approcci genetici per disturbare lo Spns1 durante le fasi embrionali e/o le larve del pesce-zebra (che è emerso come un potente sistema per studiare le malattie associate con lo sviluppo e l'invecchiamento), gli scienziati sono riusciti a produrre alcuni modelli con una durata ridotta, e altri che hanno vissuto più a lungo.
Mentre la maggior parte degli studi sulla «senescenza» (diminuzione della capacità di una cellula di dividersi e crescere) si sono concentrati sulle fasi avanzate della vita, lo studio si è interessato all'esplorazione di questo fenomeno nelle fasi iniziali. "Le mutazioni dello Spns1 disturbano la senescenza nello sviluppo e influiscono malamente sul processo di invecchiamento bio-cronologico a lungo termine", ha detto Kishi.
Il nuovo studio dimostra che lo Spns1, in combinazione con un altro paio di geni oncosoppressori (beclin 1 e p53), influenza la senescenza nello sviluppo attraverso due meccanismi differenziali: il difetto dello Spns1 è enfatizzato dal Beclin 1, ma soppresso dal p53 'basale'. Oltre a pregiudicare la senescenza, lo Spns1 impedisce l'autofagia, il processo attraverso il quale le cellule eliminano le proteine indesiderate o distruttive e bilanciano i bisogni energetici durante le varie fasi della vita.
Può essere rilevante perché: |
L'invecchiamento è uno dei fattori di rischio principali dell'Alzheimer e delle altre cause di demenza. |
Sulla base della loro intuizione dello studio, Kishi ed i suoi colleghi hanno notato che le terapie del futuro potrebbero essere in grado di influenzare l'invecchiamento attraverso lo Spns1. I ricercatori hanno osservato che un antiacido largamente usato (Prilosec) ha dimostrato di sopprimere temporaneamente le anomalie autofagiche e la senescenza osservate nel deficit di Spns1.
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Il primo autore dello studio è Tomoyuki Sasaki del TSRI. Altri autori includono Shanshan Lian, Jie Qi, Sujay Guha, Jennifer L. Johnson, Sergio D. Catz e Matthew Gill del TSRI; Peter E. Bayliss della University Health Network di Toronto in Canada; Christopher E. Carr del Massachusetts Institute of Technology; Patrick Kobler e Kailiang Jia della Florida Atlantic University; e Daniel J. Klionsky della Università del Michigan. Il lavoro è stato finanziato dalla The Ellison Medical Foundation, dalla Glenn Foundation for Medical Research, dall'A-T Children's Project, dal National Institutes of Health, dal National Institute of Aging e dal National Institute of General Medical Sciences.
Fonte: The Scripps Research Institute (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Tomoyuki Sasaki, Shanshan Lian, Jie Qi, Peter E. Bayliss, Christopher E. Carr, Jennifer L. Johnson, Sujay Guha, Patrick Kobler, Sergio D. Catz, Matthew Gill, Kailiang Jia, Daniel J. Klionsky, Shuji Kishi. Aberrant Autolysosomal Regulation Is Linked to The Induction of Embryonic Senescence: Differential Roles of Beclin 1 and p53 in Vertebrate Spns1 Deficiency. PLoS Genetics, 2014; 10 (6): e1004409 DOI: 10.1371/journal.pgen.1004409
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