Ci sono alcuni odori che tutti noi troviamo rivoltanti. Ma nei confronti di un certo numero di odori, mostriamo sensibilità diverse: alcuni possono percepirli, altri no; o altri potrebbero trovarli attraenti, e per altri il contrario.
Un paio di studi comparsi on line il 1° Agosto sulla rivista Current Biology, individuano adesso le differenze genetiche che sono alla base delle differenze di sensibilità dell'olfatto e della percezione nei diversi individui.
I ricercatori hanno testato quasi 200 persone per la sensibilità ad una decina di diversi composti chimici che si trovano comunemente negli alimenti. Hanno poi cercato nel genoma dei soggetti le aree del DNA che differiscono tra le persone che sentono il profumo di un dato composto e quelle che non lo sentono. Questo approccio (noto come studio di associazione genoma-wide) è ampiamente utilizzato per identificare le differenze genetiche.
I ricercatori, guidati da Sara Jaeger, Jeremy McRae e Richard Newcomb della Plant and Food Research della Nuova Zelanda, hanno scoperto che per quattro dei dieci odori testati, c'è in effetti una associazione genetica, il che suggerisce che le differenze nel patrimonio genetico determinano se una persona può o non può sentire l'odore di questi composti.
L'odore di questi quattro odoranti sono familiari, per coloro che possono sentire il loro odore (anche se i loro nomi potrebbero non esserlo): malto (Isobutyraldehyde), mela (β-damascenone), formaggio blu (2-eptanone), e β-ionone, che odora di fiore per alcune persone ed è particolarmente abbondante nelle violette.
"Ci ha sorpreso scoprire quanti odori hanno dei geni associati ad essi. Se questo lo estendiamo ad altri odori, allora potremmo aspettarci che ognuno abbia il proprio insieme di odori ai quali è sensibile. Questi odori sono presenti negli alimenti e bevande che incontriamo tutti i giorni, come i pomodori e le mele. Ciò potrebbe significare che quando ci siediamo a mangiare, ognuno sperimenta il pasto in un suo modo particolare", afferma Jeremy McRae.
Quando McRae e colleghi hanno confrontato le differenze di sensibilità tra le popolazioni umane in diverse parti del mondo, non hanno trovato alcun segno di differenziazione regionale. Ciò significa che, ad esempio, una persona in Asia ha la stessa probabilità di sentire l'odore di questi composti di un europeo o un africano. Più importante, la capacità di annusare uno dei composti non predice la possibilità di sentire l'altro. Quindi, se si è bravi a odorare il formaggio blu, non significa necessariamente che si è bravi a odorare la mela accanto.
Quindi, quali sono i geni che determinano la nostra capacità di percepire certi odori? McRae e colleghi hanno scoperto che le varianti genetiche associate si trovano tutte nella zona di geni che codificano i cosiddetti recettori olfattivi o odorizzanti. Le molecole del recettore olfattivo risiedono sulla superficie delle cellule nervose sensoriali nel naso. Quando si legano a un composto chimico che vaga nell'aria, la cellula nervosa manda un impulso al cervello, che porta infine alla percezione dell'odore.
Nel caso del β-ionone, l'odore associato alle violette, McRae e colleghi sono riusciti a individuare la mutazione esatta (un cambiamento nella sequenza del DNA) nel recettore odorizzante OR5A1 gene che è alla base della sensibilità all'odore del composto e della sua percezione come nota floreale; le persone che sono meno brave ad odorare il β-ionone descrivono anche l'odore in modo diverso, come amaro o pungente, e hanno meno probabilità di trovarlo piacevole.
"Conoscere i composti che le persone possono percepire negli alimenti, così come in altri prodotti, potrebbe influenzare lo sviluppo di prodotti futuri. Le aziende potrebbero voler progettare alimenti che puntano meglio i destinatari in base alla loro sensibilità, sviluppando in pratica alimenti e altri prodotti personalizzati sul loro gusto e olfatto", conclude Richard Newcomb. Così, la prossima volta che si acquistano viole per i propri cari, si può vedere se sentono il loro odore ed si può fare il proprio test genetico apposito.
Ndt: Le conclusioni dello studio, al di là di quelle "commerciali" degli autori, potrebbero invece avere implicazioni, seppure marginali, nella demenza.
(1) Poichè è noto (vedi 1, 2, 3, 4) che l'odorato è uno dei primi sensi danneggiati dall'insorgenza dell'Alzheimer, è importante tenere presente che le diverse "sensibilità genetiche" agli odori potrebbero falsare o fuorviare la rilevazione di questo sintomo. Quindi, per esempio, la mancata rilevazione di un odore potrebbe non essere un sintomo di inizio di demenza, ma semplicemente una predisposizione genetica che ne rende difficile la percezione.
(2) Un secondo tipo di implicazioni potrebbe riguardare la profumoterapia e/o l'aromaterapia usate in alcune strutture e di cui si è dato notizia (1, 2) in precedenza; e lo Smell Identification Test della University of Pennsylvania.
Fonte: Cell Press, via EurekAlert!, a service of AAAS.
Riferimenti: (1) Sara R. Jaeger, Jeremy F. McRae, Christina M. Bava, Michelle K. Beresford, Denise Hunter, Yilin Jia, Sok Leang Chheang, David Jin, Mei Peng, Joanna C. Gamble, Kelly R. Atkinson, Lauren G. Axten, Amy G. Paisley, Leah Tooman, Benedicte Pineau, Simon A. Rouse, Richard D. Newcomb. A Mendelian Trait for Olfactory Sensitivity Affects Odor Experience and Food Selection. Current Biology, 2013; DOI: 10.1016/j.cub.2013.07.030
(2) Jeremy F. McRae, Sara R. Jaeger, Christina M. Bava, Michelle K. Beresford, Denise Hunter, Yilin Jia, Sok Leang Chheang, David Jin, Mei Peng, Joanna C. Gamble, Kelly R. Atkinson, Lauren G. Axten, Amy G. Paisley, Liam Williams, Leah Tooman, Benedicte Pineau, Simon A. Rouse, Richard D. Newcomb. Identification of Regions Associated with Variation in Sensitivity to Food- Related Odors in the Human Genome. Current Biology, 2013; DOI: 10.1016/j.cub.2013.07.031
Pubblicato in Science Daily (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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