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Abbassare una forma di colesterolo cerebrale riduce l'Alzheimer (nei topi)

Puntare il colesterolo potrebbe potenzialmente aiutare a trattare l'Alzheimer e le demenze correlate.

Lowering brain cholesterolDepositi lipidici (verde) nelle cellule immunitarie cerebrali (rosso) di topi con Alzheimer, scompaiono (a destra) dopo che i topi sono stati trattati con un farmaco sperimentale.

Nel morbo di Alzheimer (MA) e nelle demenze correlate, il declino cognitivo è guidato dal sovraccumulo di una normale proteina cerebrale chiamata tau. Ovunque la tau si accumuli, il tessuto cerebrale nelle vicinanze inizia a degenerare e morire.

Ora, dei ricercatori della Washington University di St. Louis, in uno studio pubblicato il 22 novembre su Neuron, hanno scoperto (nei topi) che i depositi di tau simili al MA nel cervello portano all'accumulo di una forma di colesterolo chiamato 'estere colesteril ' (o estere del colesterolo) e che abbassare i livelli di colesteril aiuta a prevenire il danno cerebrale e i cambiamenti comportamentali.

"Ciò ha importanti implicazioni terapeutiche", ha affermato l'autore senior David M. Holtzman MD, professore illustre di neurologia. “Il composto che abbiamo usato in questo studio ha effetti collaterali che lo rendono inadatto all'uso nelle persone. Ma se potessimo sviluppare una terapia che riduce i colesteril esteri all'interno delle cellule cerebrali senza effetti collaterali inaccettabili, sarebbe un candidato promettente da testare nelle malattie neurodegenerative".

Il legame tra colesterolo e demenza non è così inverosimile come potrebbe sembrare. Il più grande fattore di rischio genetico del MA è l'ApoE, un gene coinvolto nell'attivazione delle cellule immunitarie del cervello. Quando tali cellule si attivano nel modo o nel momento sbagliato, possono danneggiare il tessuto cerebrale. Ma l'ApoE ha anche un altro lavoro importante nel corpo: trasporta colesterolo e altri lipidi nel sangue. In questa veste, ha un ruolo nell'aterosclerosi.

Per studiare le connessioni tra ApoE, lipidi e danni cerebrali, Holtzman e la prima autrice Alexandra Litvinchuk PhD, ricercatrice post-dottorato, ha studiato topi con un gene tau ad alto rischio che li predispone ad accumulare tau nel cervello. Tali topi iniziano a sviluppare segni di neurodegenerazione a circa 6 mesi di età, a 9,5 mesi il loro cervello è gravemente danneggiato e non sono più in grado di eseguire i compiti ordinari della vita del topo, come costruire correttamente un nido.

I topi erano portatori anche di una seconda modifica genetica: i loro geni ApoE erano stati rimossi e sostituiti con la variante ApoE3 del gene ApoE umano, che conferisce un rischio medio di MA, o con ApoE4 che raddoppia o triplica il rischio di MA, o non sostituito affatto.

L'indagine ha rivelato che l'ApoE4 è legato a un metabolismo lipidico distorto nel cervello. Nei topi tau di 9,5 mesi portatori di ApoE4, le stesse aree cerebrali che si sono atrofizzate e danneggiate avevano anche un accumulo eccessivo di lipidi e con uno schema strano: erano alterati i livelli di oltre 180 tipi di lipidi.

Tra le differenze più sorprendenti c'era che, in quelle aree, le cellule immunitarie chiamate microglia venivano riempite fino all'orlo di esteri colesteril, un effetto non presente con l'ApoE3. La misurazione dei lipidi cerebrali è stata effettuata in collaborazione con scienziati dell'azienda Denali Therapeutics guidati da Gilbert di Paolo PhD.

"Le microglia piene di lipidi diventano iperinfiammatorie e iniziano a secernere cose che non fanno bene al cervello", ha detto Holtzman. "Pertanto, eliminare i lipidi ha il potenziale di ridurre l'infiammazione cerebrale e la neurodegenerazione".

Per verificarlo, la Litvinchuk e Holtzman hanno usato un agonista LXR, un farmaco appartenente a una classe sperimentale che abbassa i livelli di lipidi nelle cellule. I ricercatori hanno dato il farmaco, chiamato GW3965, ai topi tau portatori dell'ApoE4, a partire da 6 mesi di età. I topi sono stati valutati a 9,5 mesi, quando il loro cervello di norma avrebbe subito danni rilevanti.

I topi che avevano ricevuto il farmaco hanno mantenuto un volume cerebrale significativamente maggiore rispetto a quelli che avevano ricevuto un placebo. Avevano anche livelli più bassi di tau, meno cellule infiammatorie e meno infiammazione, meno perdita di sinapsi nel cervello ed erano più bravi a costruire nidi.

Ulteriori indagini hanno rivelato che l'agonista LXR funziona sovra-regolando un gene chiamato ABCA1 che aiuta a spostare il colesterolo e altri lipidi fuori dalle cellule. L'uso di metodi genetici per aumentare i livelli di ABCA1 ha avuto lo stesso effetto del trattamento con il farmaco: meno accumulo lipidico, livelli più bassi di tau, meno infiammazione e neurodegenerazione ridotta.

"Ciò che è entusiasmante è che vediamo tutti questi effetti in un animale modello che condivide molte caratteristiche con le malattie neurodegenerative umane", ha detto Holtzman. "Mostra che questo tipo di approccio potrebbe essere molto promettente, ma c'è un grande ostacolo nel portarlo alle persone".

Gli agonisti LXR influenzano anche il metabolismo lipidico nel fegato e quindi tendono a causare la steatosi epatica (fegato grasso). Dei chimici stanno tentando di progettare agonisti LXR senza quell'effetto collaterale. Se ci riusciranno, i farmaci risultanti potranno avere benefici per le malattie cardiache e le malattie cerebrali.

"C'è molta somiglianza tra il meccanismo che spinge le cellule immunitarie a danneggiare il cervello nel MA e quello che guida gli stessi tipi di cellule immunitarie a causare danni vascolari nell'aterosclerosi", ha detto Holtzman. “In entrambi i casi, i lipidi si accumulano nelle cellule immunitarie, inducendoli a diventare iperinfiammatori e a danneggiare i tessuti vicini. Sbarazzarsi di quell'accumulo lipidico può avere benefici doppi per la salute umana".

 

 

 


Fonte: Tamara Bhandari in Washington University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: A Litvinchuk, [+17], DM Holtzman. Amelioration of Tau and ApoE4-linked glial lipid accumulation and neurodegeneration with an LXR agonist. Neuron, 2023, DOI

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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