Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Featured

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazioni

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie neurodegenerative nella fase iniziale, Kenneth S. Kosik, neurobiologo della University of California di Santa Barbara e i suoi collaboratori, hanno scoperto un meccanismo 'trattabile' di aggregazione patologica delle proteine ​​tau.


Per i milioni di persone a rischio di demenza frontotemporale e una serie di altre condizioni come il morbo di Alzheimer (MA), questo potrebbe indicare un cambio verso una gestione significativa dei sintomi, o la totale prevenzione, di alcune delle nostre malattie più devastanti.


"Siamo super entusiasti di questo", ha detto Kosik, professore di neuroscienze della UCSB e condirettore del Neuroscience Research Institute del campus. Anche se c'è molto più lavoro da fare, stanno aumentando le prove promettenti di questo meccanismo trattabile e il palcoscenico è pronto per future indagini.


A seguito del recente arresto degli studi clinici dell'Aducanumab, un farmaco che una volta sembrava essere un trattamento promettente per il MA, questo sviluppo segna un raggio di speranza.


La tau, una proteina presente principalmente nei neuroni, è di norma una proteina un po' innocua, molto solubile, che stabilizza i microtubuli nell'assone, la parte del neurone che conduce il segnale verso altri neuroni.


"Le persone pensano alla tau come alle traversine dei binari della ferrovia che tengono insieme le rotaie chiamate microtubuli", ha detto Kosik. Tuttavia, quando la tau solubile e stabile si ripiega male (che è a volte il risultato di una mutazione del gene che la esprime), la proteina risultante diventa insolubile e aggrovigliata, guastando il lavoro dell'interno del neurone, come groviglio neurofibrillare.


In una delle numerose malattie neurodegenerative causate dalla tau, la demenza frontotemporale, i lobi frontali e temporali del cervello sono compromessi, con conseguenti problemi emozionali, comportamentali e decisionali. "I pazienti inizialmente non mostrano eccessivi problemi di memoria in questa condizione", ha detto Kosik. "Tendono a mostrare più problemi psichiatrici, spesso con personalità impulsive in cui hanno comportamenti impropri". Altre forme in questo gruppo di condizioni influenzano il linguaggio e le capacità motorie.


Prendendo campioni di cellule della pelle di alcuni individui con mutazioni di tau, e convertendoli in vitro in cellule staminali e poi in neuroni, i ricercatori hanno scoperto che, in chi ha mutazioni tau, tre geni erano disregolati coerentemente, uno dei quali era di particolare interesse: il RASD2, un gene espresso principalmente nel cervello che appartiene a una famiglia che catalizza le molecole produttrici di energia (GTPases) e che è stato studiato intensamente.


"I ricercatori avevano già parlato di questo gene come probabilmente coinvolto nell'Huntington, che è un'altra malattia neurodegenerativa", ha detto Kosik. Il RASD2 e il suo famoso cugino RAS (studiato pesantemente nella ricerca sul cancro) sono considerati 'trattabili', ha spiegato Kosik. "Ci sono farmaci, o potenziali farmaci, o piccole molecole, che sono là fuori che potrebbero influenzare i livelli di questo gene".

 

Da farmaco anticancro fallito a potenziale trattamento di demenza

Se sei un neuroscienziato interessato a mutazioni e cure tau per le condizioni che ne derivano, sai che ti aspetta una lunga partita. La natura di queste malattie - genetica e neurologica - implica che gli studi avanzati devono essere altamente controllati e sono spesso estremamente difficili e costosi e qualsiasi farmaco sviluppato deve essere sia efficace che relativamente non tossico.


Questo è stato il caso di Kosik e del primo autore dello studio, il ricercatore post-dottorato Israel Hernandez, che da anni studia i grovigli tau e i geni codificanti le proteine ​​che potrebbero contribuire a contrastare l'errato ripiegamento.


Kosik, Hernandez e la combinazione di competenze e curiosità dei loro colleghi li ha portati ad esaminare una GTPasi chiamata Rhes, che è codificata dal gene RASD2 e ha dimostrato di avere un ruolo nello sviluppo dell'Huntington. Tuttavia, non è stata l'attività catalitica della Rhes a suscitare il loro interesse: "Ci siamo resi subito conto che l'ovvia funzione della proteina Rhes - la sua attività enzimatica - non era critica per quello che stavamo cercando", ha affermato Kosik.


"Quello su cui ci siamo concentrati è stato il fatto che questa proteina e tutti i membri della sua famiglia sono attaccati alla membrana cellulare in un modo molto interessante", ha continuato. Come i suoi cugini nella superfamiglia Ras, la Rhes è una proteina di segnalazione che fa il suo lavoro sulla superficie cellulare, dove, ha spiegato Kosik, è attaccata alla membrana interna da una piccola catena di carbonio - un gruppo farnesilico - attraverso un processo chiamato farnesilazione.


"C'è un enzima chiamato farnesil transferasi che prende questa proteina, la Rhes, e la attacca alla membrana, e abbiamo deciso di concentrarci su quella reazione", ha detto Kosik. "Era un po' un azzardo andare in quella direzione".


Questo attaccamento è stato l'obiettivo di un paio di decenni e milioni di dollari di ricerca sul cancro, partendo dal presupposto che se il legame della proteina Ras alla membrana cellulare potesse essere interrotto, così sarebbe stato per i segnali che causano una crescita non regolata delle cellule tumorali e altri comportamenti cancerogeni. "E' risultato che i farmaci in questa categoria, chiamati inibitori della farnesiltransferasi, sono stati testati sugli esseri umani. Sono sicuri", ha detto Kosik. "Ma non hanno funzionato nel cancro".


Nei modelli di topi con demenza frontotemporale, invece, sembra che lo facciano. E i risultati sono drammatici. Usando il farmaco Lonafarnib, i ricercatori hanno trattato topi che a 10 settimane erano stravaganti (giravano in tondo o completamente apatici) e a 20 settimane stavano annusando intorno alla loro gabbia o costruendo il nido e avendo altri comportamenti normali dei topi.


Le scansioni hanno rivelato l'arresto del deterioramento e dell'infiammazione del tessuto cerebrale. La cosa più drammatica: i grovigli neurofibrillari una volta insolubili si erano notevolmente ridotti, e in alcune aree, compreso l'ippocampo (la parte della memoria del cervello), erano spariti quasi del tutto.


"Il farmaco è molto interessante", ha detto Kosik, "Sembra avere un effetto selettivo solo sulle forme di tau che sono predisposte a formare i grovigli neurofibrillari". Per dimostrare che il farmaco stava puntando la proteina Rhes farnesilata, gli scienziati hanno introdotto nel cervello di altri topi modello un gene inibitore dell'RNA che sopprime specificamente la produzione di Rhes. E i risultati hanno completamente replicato gli effetti del farmaco.


"Questo ci fa iniziare a pensare che, anche se in effetti il ​​farmaco è un inibitore della farnesil transferasi generale, un modo in cui funziona è puntando specificamente la farnesilazione della Rhes", ha detto Kosik. "E, per fortuna, anche le altre inibizioni del farnesile che sta facendo non sono tossiche".

 

Sulla vetta

La pubblicazione di questo articolo rappresenta una pietra miliare negli anni di sforzi dei ricercatori per guadagnare terreno nella battaglia in salita che è la neurodegenerazione tauopatica. Come se la ricerca non fosse già abbastanza estenuante, nel corso dello studio hanno dovuto cercare in tutto il mondo l'approvazione da un membro del team che stava letteralmente scalando una montagna, il Monte Everest. Hernandez, nel frattempo, ha celebrato la nascita del suo primo figlio il giorno in cui la ricerca è stata accettata dalla rivista.


Ma la gara non è ancora finita. Ora il palcoscenico è pronto per le prove umane, con alcuni volontari a rischio della malattia. E forse in fondo alla strada, il gruppo sta prendendo in considerazione una popolazione con demenza frontotemporale in Colombia, dove Kosik ha condotto studi simili nel MA.


"Non dobbiamo nemmeno fare uno studio di efficacia", ha detto Kosik. "Dobbiamo solo dimostrare che il farmaco sta entrando nel cervello umano e colpisce il bersaglio".


Ma anche quella fase iniziale potrebbe essere in un limbo, poiché il produttore di Lonafarnib, che attualmente sta sperimentando il farmaco come trattamento per la progeria, è riluttante a coinvolgere il suo prodotto in nuovi esperimenti prima di ottenere le approvazioni.


Kosik e il suo team stanno valutando le opzioni mentre contemplano una potenziale soluzione tanto attesa a un gruppo di malattie neurodegenerative strazianti e ... distruttive del portafoglio. "È una grande sfida", ha detto Kosik. "Ci sto lavorando".

 

 


Fonte: Sonia Fernandez in UC Santa Barbara (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Israel Hernandez, Gabriel Luna, Jennifer N. Rauch, Michel Giroux, Celeste M. Karch, Daniel Boctor, Nadia J. Storm, Antonio Diaz, Cezary Zekanowski, Alexander A. Kang, Cassidy Hinman, Vesna Cerovac, Elmer Guzman, Honjun Zhou, Alison Goate, Steven K. Fisher, Ana M. Cuervo, Kenneth S. Kosik. Farnesyl Transferase Inhibition for the Treatment of Tauopathies. Science Translational Medicine, 27 Mar 2019, DOI: 10.1126/scitranslmed.aat3005

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

29.05.2015 | Ricerche

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cel...

Convalidare il sentimento aiuta meglio di criticare o sminuire

30.03.2020 | Ricerche

Sostenere i tuoi amici e la famiglia può aiutarli a superare questi tempi di incertezza...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)