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Altre prove del collegamento tra Alzheimer e sistema immunitario

Il ruolo del sistema immunitario nell'Alzheimer è un tema caldo, ma rimane misterioso il modo esatto in cui i due sono collegati e quali interventi potrebbero contribuire a ridurre il rischio.


In un nuovo studio pubblicato questa settimana su  Nature Neuroscience, i ricercatori del Centro Malattie Neurologiche del Brigham and Women's Hospital (BWH) hanno indagato sul modo in cui i fattori genetici di rischio dell'Alzheimer possono influenzare un tipo cruciale di cellule immunitarie.


I loro risultati gettano le basi per progettare migliori strategie terapeutiche e migliori strumenti di previsione del rischio di sviluppare la malattia.


"Nella genetica di Alzheimer stiamo constatando che il sistema immunitario può essere fortemente coinvolto nella insorgenza della malattia", ha detto il co-autore corrispondente Philip De Jager MD/PhD, che dirige il Programma di Genomica Neuropsichiatrica Traslazionale al Centro Malattie Neurologiche del BWH. "Prima degli studi genetici, molti pensavano che l'infiammazione fosse un sintomo o una reazione alla malattia, ma il nostro studio e altri indicano in modo convincente che il sistema immunitario può essere coinvolto nello sviluppo dell'Alzheimer".


De Jager e il suo team hanno esaminato i livelli di proteine chiave in relazione a varianti genetiche implicate in passato nell'Alzheimer. Il team ha esaminato campioni di sangue da più di 100 soggetti giovani e sani e da 61 anziani, e hanno misurato i livelli di proteine nei monociti, le cellule immunitarie che possono viaggiare a vari siti in tutto il corpo, compreso il cervello, dove diventano macrofagi, specializzati per il loro nuovo ambiente, in questo caso il sistema nervoso centrale.


Uno dei risultati più interessanti che ha svelato il team è collegato alla TREM2, una proteina che è un obiettivo importante degli sforzi di sviluppo di farmaci di Alzheimer. Uno studio precedente di una popolazione in Islanda aveva scoperto che una mutazione rara nel gene che codifica la TREM2 alza notevolmente il rischio di Alzheimer. Tuttavia, non era chiaro se questo rischio più alto fosse determinato da maggiore o minore TREM2, e gli studi successivi nei topi hanno prodotto risultati contrastanti.


De Jager ed i suoi colleghi hanno trovato prove che affrontano direttamente la questione, determinando che sono i livelli più elevati di TREM2 ad essere associati ad un aumento del rischio. Il team ha scoperto che anche una variante genetica legata ad una proteina separata (CD33) influenza i livelli di TREM2. Studi di follow-up del team hanno confermato che la variante genetica porta a più CD33, che a sua volta induce un aumento di TREM2.


"Una nota interessante di queste associazioni di proteine ​​è che noi non le abbiamo osservate a livello di mRNA", ha detto il primo autore Gail Chan PhD, ricercatore del Centro Malattie Neurologiche del BWH. "Questo enfatizza la quantità di inter-regolazione prodotta dalla cellula per bilanciare tutte le molecole legate e funzionare correttamente".


"Fino ad ora, non era chiaro se è utile aumentare o diminuire i livelli di TREM2", ha detto la co-autrice corrispondente Elizabeth Bradshaw PhD, del Centro Malattie Neurologiche del BWH. "Sono necessari ulteriori studi per comprendere le connessioni che stiamo svelando e il ruolo di queste proteine, ma abbiamo visto evidenze chiare che queste varianti genetiche hanno un effetto in questo tipo di cellule immunitarie".


Come passo successivo, Bradshaw, De Jager e i loro colleghi hanno in programma di misurare i livelli di CD33 e TREM2 nei soggetti partecipanti al Brigham Healthy Aging Project, per stabilire se queste e altre misure potrebbero far parte di un gruppo di strumenti diagnostici per predire il rischio di Alzheimer.

 

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Il finanziamento per questo progetto è stato fornito dai National Institutes of Health. Hanno contribuito anche i ricercatori: Charles C. White, Phoebe A. Winn, Maria Cimpean, Joseph M. Replogle, Laura R. Glick, Nicole E. Cuerdon, Katie J. Ryan, Keith A. Johnson, Julie A. Schneider, David A. Bennett, Lori B. Chibnik e Reisa A. Sperling.

 

 

 


Fonte: Brigham and Women's Hospital via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Gail Chan, Charles C White, Phoebe A Winn, Maria Cimpean, Joseph M Replogle, Laura R Glick, Nicole E Cuerdon, Katie J Ryan, Keith A Johnson, Julie A Schneider, David A Bennett, Lori B Chibnik, Reisa A Sperling, Elizabeth M Bradshaw, Philip L De Jager. CD33 modulates TREM2: convergence of Alzheimer loci. Nature Neuroscience, 2015; DOI: 10.1038/nn.4126

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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